
L’intelligenza artificiale è oggi al centro della competizione globale tra potenze economiche e tecnologiche. In questo scenario, l’Unione Europea cerca di ritagliarsi un ruolo autonomo e strategico, puntando su una combinazione di regolamentazione, investimenti e innovazione. Tuttavia, il confronto con Stati Uniti e Cina rimane complesso, soprattutto per l’entità dei capitali investiti, la rapidità dello sviluppo tecnologico e la presenza di normative più permissive. La recente approvazione dell’AI Act e il lancio del Continent Action Plan segnano due passaggi cruciali per comprendere il posizionamento europeo nel mondo dell’intelligenza artificiale.
Nel 2024, l’UE ha adottato l’AI Act, che introduce un modello di governance basato sul rischio. I sistemi di IA vengono classificati in quattro categorie: rischio inaccettabile (vietati), rischio elevato (soggetti a obblighi stringenti), rischio limitato (sottoposti a requisiti informativi) e rischio minimo (non soggetti a particolari vincoli). L’obiettivo della politica comunitaria è bilanciare innovazione e tutela dei diritti fondamentali, promuovendo uno sviluppo tecnologico affidabile, trasparente e rispettoso dei valori europei. Gli Stati Uniti, al contrario, adottano un approccio più decentrato e flessibile, lasciando ampio margine di manovra al settore privato.
In un contesto internazionale segnato da forti tensioni, l’Unione Europea ha presentato il Continent Action Plan, un programma ambizioso che mira a fare dell’Europa il primo polo mondiale per un’intelligenza artificiale aperta, etica e sovrana. L’obiettivo è colmare il divario tecnologico rispetto alle altre superpotenze, evitando così che l’UE resti ai margini della competizione globale. La strategia si articola attorno a cinque aree chiave: infrastrutture, data union, competenze, applicazioni nei settori strategici e regole semplici. Entro il 2027, l’UE punta a triplicare la propria capacità di calcolo con la realizzazione di 13 AI Factories e, entro il 2030, di cinque gigafactory di supercomputer. È inoltre prevista la creazione di una data union basata su dati di alta qualità, fondata sui principi di fiducia, interoperabilità e condivisione. Un altro pilastro è rappresentato dall’AI Skills Academy, incaricata di formare circa un milione di professionisti entro il 2030. A sostegno dell’innovazione, sarà istituito il fondo “InvestAI”, con una dotazione di 20 miliardi di euro, destinato a supportare la creazione di data lab e sistemi di IA condivisi, in particolare a beneficio delle PMI e dei settori strategici.
Dal punto di vista valoriale, la strategia europea riafferma i principi fondamentali dell’azione comunitaria: tutela della dignità umana, equità, non discriminazione, trasparenza e inclusione. L’obiettivo è fare dell’intelligenza artificiale uno strumento al servizio delle persone, e non del profitto o del controllo, distinguendosi così sia dal modello americano, orientato prevalentemente alla competitività, sia da quello cinese, focalizzato sul controllo statale.
Il quadro internazionale resta dominato da tensioni crescenti. Stati Uniti e Cina si contendono la leadership tecnologica globale, con investimenti che superano di gran lunga quelli europei. Le recenti guerre commerciali e l’imposizione di dazi contribuiscono a rendere ancora più instabile un mercato già altamente competitivo. In questo contesto, l’Unione Europea ha un’opportunità irripetibile per riconquistare un ruolo centrale: può diventare un polo attrattivo per chi cerca innovazione responsabile, certezza normativa e cooperazione internazionale. A condizione, però, di trasformare i piani in azioni concrete e colmare il divario negli investimenti rispetto agli altri player globali.
Avv. Lorenzo Pinci e Dott.ssa Lucrezia Uva