Società a Responsabilità limitata, clausola statutaria di esclusione del socio dalla compagine sociale: i criteri di specificità ribaditi dal Tribunale di Milano

Società a Responsabilità limitata, clausola statutaria di esclusione del socio dalla compagine sociale: i criteri di specificità ribaditi dal Tribunale di Milano
Con l’ordinanza del 23 gennaio 2025 (di seguito l’”Ordinanza”), il Tribunale di Milano – sezione specializzata in materia di impresa - (di seguito, il “Tribunale”) ha affrontato il tema dell’esclusione convenzionale del socio di società a responsabilità limitata dalla compagine sociale, ribadendo il principio secondo il quale la clausola statutaria che consente l’estromissione del socio, deve contenere una tipizzazione chiara, puntuale e inequivocabile delle condotte idonee a integrare una manifestazione concreta di una “giusta causa” di cessazione del rapporto sociale.

Nel caso sottoposto all’attenzione del Tribunale, il socio ricorrente aveva impugnato – in via cautelare – la delibera assembleare con la quale ne era stata disposta l’esclusione dalla compagine sociale, al fine di ottenere la sospensione della citata delibera, eccependo, inter alia:

  • l’indeterminatezza della clausola statutaria a fondamento della delibera di estromissione del socio e, pertanto, l’inidoneità della disposizione statutaria a soddisfare il requisito di determinatezza richiesto dall’art. 1346 c.c.,
  • la violazione dell’art. 2473-bis c.c., in quanto la causa di esclusione non era stata preventivamente tipizzata in modo specifico nello statuto sociale.

Secondo il socio ricorrente, la previsione statutaria risultava, dunque, in contrasto con i principi di legalità e determinatezza che devono connotare le clausole statutarie limitative dei diritti individuali dei soci, poiché non consentiva di individuare in modo oggettivo e preventivo le condotte idonee a giustificare l’estromissione del socio.

Il Tribunale, a seguito di un’attenta disamina della clausola statutaria oggetto di contestazione, ha rilevato come la stessa risultasse formulata in termini eccessivamente generici, tali da non consentire l’individuazione precisa delle condotte suscettibili di integrare una causa di esclusione.

In particolare, il Tribunale ha evidenziato come l’assenza di una puntuale tipizzazione dei presupposti di esclusione potrebbe attribuire alla maggioranza un potere espulsivo privo di criteri e vincoli predeterminati, in contrasto con il dettato dell’art. 2473-bis c.c. Tale norma, infatti, consente l’esclusione del socio unicamente in presenza di una giusta causa previamente individuata nello statuto in termini chiari e precisi, condizione che – secondo il Tribunale – rappresenta una garanzia essenziale per la tutela del socio.

La formulazione della clausola statutaria in esame è stata ritenuta viziata da genericità e ambiguità, in quanto non indicava alcuna condotta specifica, ma si limitava a riferirsi a comportamenti “lesivi dell’interesse della società” o “pregiudizievoli del rapporto fiduciario tra i soci”. Tali espressioni, secondo il Tribunale, non sono idonee a determinare in modo oggettivo e preventivo le ipotesi che possano comportare l’estromissione del socio.

Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale ha ritenuto sussistente il fumus boni iuris, fondato sulla rilevata nullità della clausola statutaria per indeterminatezza, nonché il periculum in mora, derivante dal rischio di pregiudizio grave e irreparabile in caso di permanenza degli effetti della delibera di estromissione del socio, in particolare per il diritto del socio a partecipare alla vita societaria. Ne è derivata, in via cautelare, la sospensione dell’efficacia della citata delibera.

In tale contesto, il Tribunale ha richiamato l’attenzione sull’esigenza che la previsione statutaria che disciplina i casi di estromissione del socio debba consentire una valutazione oggettiva e non discrezionale da parte degli organi sociali. Tale intervento si inserisce nel solco di una giurisprudenza attenta a preservare la certezza dei rapporti societari e assume particolare rilevanza nella misura in cui incide sull’equilibrio tra potere della maggioranza e tutela delle prerogative individuali dei soci.

Avv. Andrea Bernasconi e Avv. Gianmarco Rizzo

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