La Cassazione ha chiarito con la sentenza n. 20686 del 22 luglio 2025 che l’indennità minima per un licenziamento illegittimo non può essere ridotta o azzerata.
La Corte di Appello di Napoli in riforma della sentenza del Tribunale di Benevento, nel dichiarare la illegittimità di un licenziamento intimato in forma orale, non disponeva la reintegra nel posto di lavoro stante la cessazione delle attività imprenditoriali e condannava la datrice di lavoro al solo pagamento delle retribuzioni dal licenziamento detraendo l'aliunde perceptum.
Il lavoratore, lamentando la decurtazione dell’indennità minima, proponeva ricorso per cassazione.
La Suprema Corte, con sentenza n. 20686 del 22 luglio 2025, nel rilevare che l’orientamento per il quale l’'"aliunde perceptum" compensabile riguarda il danno eccedente la misura minima, ha ritenuto che il principio è applicabile anche nell'ambito del licenziamento orale disposto nel contratto a tutele crescenti di cui al d.lgs. 23/15, c.d. Job's act.
La Cassazione ha quindi affermato che il licenziamento dichiarato illegittimo ai sensi del co. 1 dell'art. 2 del decreto legislativo 23/15 con condanna del datore al risarcimento dei danni al lavoratore compete la misura minima risarcitoria delle cinque mensilità anche nel caso in cui abbia trovato alternativa occupazionale prima del decorso di cinque mesi, restando irrilevante l'aliunde perceptum (detraibile in generale dall'indennità risarcitoria complessiva) maturato nel detto periodo.
Avv. Nicoletta Di Lolli