Con la sentenza n. 30133 del 14 novembre 2025 (la “Sentenza”), la Corte di Cassazione (la “Cassazione”) interviene in modo decisivo sull’interpretazione dell’art. 2437, comma 1, del Codice civile, norma che prevede, inter alia, la facoltà di recesso ai soci “che non hanno concorso alle deliberazioni”.
La Sentenza chiarisce, dunque, un tema da tempo oggetto di dibattito: quale significato attribuire al testo dell’art. 2437, comma 1, del Codice, ed al termine “concorso” quando la delibera assembleare finale rappresenta solo l’ultimo tassello di un’operazione societaria articolata e scandita da passaggi propedeutici tra loro interdipendenti?
- Breve cenno al quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento
La Cassazione afferma il superamento di un’interpretazione formale del requisito del “concorso” previsto dall’art. 2437 c.c. in esame - tradizionalmente circoscritto al voto espresso in assemblea - e valorizza, invece, una lettura sostanziale e funzionale della condotta dei soci.
Alla luce della Sentenza in esame, quando l’operazione societaria risulti essere frazionata e articolata in più passaggi ma conservi una struttura unitaria, il “concorso” rilevante ai sensi dell’art. 2437 c.c. non coinciderebbe con la sola ed esclusiva manifestazione di volontà nella delibera finale: esso andrebbe esteso all’intero contributo partecipativo prestato dal socio lungo l’intero l’iter decisionale che ha preceduto l’atto conclusivo, includendo, dunque, gli atti prodromici che abbiano inciso causalmente sulla realizzazione dell’operazione.
Tale impostazione - coerente con la ratio di salvaguardare la correttezza e la buona fede tra soci - consolida la linea interpretativa volta a contrastare comportamenti elusivi ed opportunistici, impedendo ai soci che hanno sostenuto l’operazione nelle sue fasi preparatorie di dissociarsene formalmente solo nella fase finale e di chiusura della stessa.
- Il caso concreto: il ruolo dei soci recedenti
La vicenda oggetto di giudizio trae origine da un articolato processo di risanamento e integrazione tra due gruppi societari, sviluppato, tra l’altro, sulla base di un accordo di investimento e destinato a culminare in una fusione per incorporazione.
Le parti che, successivamente, avevano formalmente comunicato il recesso avevano, tuttavia, svolto un ruolo significativo nella fase genetica e preparatoria dell’intera operazione. Le stesse parti recedenti rivestivano posizioni apicali nel consiglio di amministrazione ed avevano partecipato alla votazione (con voto a favore) dell’aumento di capitale riservato contribuendo in modo determinante alla definizione e all’avvio del progetto di integrazione. Ciononostante, in occasione dell’assemblea chiamata a deliberare sul progetto di fusione, tali soci si erano astenuti o non avevano partecipato, comunicando immediatamente dopo l’intenzione di esercitare il diritto di recesso.
La Cassazione, dunque, valorizza il ruolo determinante dei soci nell’innesco e nello sviluppo dell’operazione e rimarca l’incompatibilità di un recesso esercitato in queste circostanze con le finalità di tutela perseguite dall’art. 2437 c.c.
I Giudici della Suprema Corte fondano la propria ratio decidendi su un criterio interpretativo di portata generale: quando la delibera finale è la conclusione necessaria e conosciuta fin dall’origine di un percorso unitario, il concorso non può essere valutato solo nell’istante assembleare, ma deve essere valutato e misurato attentamente tenendo conto dell’intera sequenza causale.
- Conclusioni: il concorso funzionale del socio e la centralità della buona fede
Il principio di diritto formulato dalla Cassazione, come inizialmente anticipato, si può distinguere su due livelli applicativi, di seguito sintetizzati.
Da un lato, per le deliberazioni isolate, considerate come eventi puntuali, il diritto di recesso continua a spettare a chi non abbia prestato assenso in assemblea (a titolo esemplificativo: parti assenti, astenute e dissenzienti).
Dall’altro lato, quando la deliberazione rappresenta solo la fase conclusiva di un’operazione complessa e inscindibile, il concorso rilevante ai fini della preclusione del recesso è quello c.d. “funzionale”, ossia basato sulla cooperazione del socio agli atti preparatori, necessari e noti fin dall’inizio. In tali scenari, la partecipazione del socio alle decisioni propedeutiche - ove causalmente determinanti rispetto alla delibera assembleare finale - esclude la possibilità di invocare il recesso, anche qualora il socio si astenga, dissenta o non partecipi alla votazione conclusiva.
La Sentenza in esame evidenzia, dunque, la necessità di verificare attentamente l’inscindibilità dell’iter deliberativo, tenuto conto che la partecipazione attiva del socio a una o più fasi preliminari potrebbe assumere valore preclusivo ben più rilevante della posizione formalmente assunta nell’assemblea finale.