La transizione al digitale ha inciso profondamente sulle dinamiche dell’informazione, alterando gli equilibri fra i players del settore. Le piattaforme digitali dei grandi operatori del web hanno assunto un ruolo di intermediazione dominante, capace di generare un effetto sostitutivo rispetto alla lettura integrale delle pubblicazioni giornalistiche, indebolendo fortemente l’editoria tradizionale. La Delibera AGCOM n. 180/2025/CONS rappresenta un precedente rilevante in materia di equo compenso nei rapporti tra big tech e editori.
L’accesso immediato e gratuito a contenuti informativi online, insieme alla diffusione dei servizi di rassegna stampa offerti dai grandi players digitali, ha modificato in modo sostanziale le abitudini di lettura degli utenti, generando un «effetto di sostituzione» a causa del quale questi ultimi si limitano a consultare brevi estratti o anteprime delle notizie – i cd snippets – senza più la necessità di accedere al sito dell’editore per consultare l’articolo integrale. Tale fenomeno ha determinato un progressivo depauperamento delle risorse degli editori e, per riflesso, un indebolimento strutturale dell’informazione, presidio indispensabile di ogni ordinamento democratico.
In tale contesto si inserisce l’intervento del legislatore europeo che, con la Direttiva (UE) 2019/790 – la cosiddetta Direttiva Copyright – ha introdotto, all’art. 15, il diritto all’equo compenso in favore degli editori di giornali stabiliti in uno Stato membro. Si tratta di un diritto connesso al diritto d’autore, attribuito agli editori per la riproduzione e la messa a disposizione al pubblico delle loro pubblicazioni giornalistiche da parte dei prestatori di servizi della società dell’informazione, inclusi i fornitori di servizi di aggregazione automatica delle notizie.
Il recepimento nazionale di tale disciplina, avvenuto con il D.lgs. n. 177/2021, ha trovato concreta attuazione nell’introduzione dell’art. 43-bis della legge sul diritto d’autore che, inoltre, istituisce e disciplina una specifica procedura di negoziazione tra editori e prestatori di servizio per la determinazione dell’equo compenso, attribuendo all’AGCOM il potere di intervenire e stabilire il relativo importo in caso di mancato raggiungimento di un accordo tra le parti entro il termine di trenta giorni dalla richiesta di avvio del negoziato. La determinazione avviene sulla base dei criteri di cui all’art. 4 del Regolamento per la determinazione dell’equo compenso (Delibera 3/23/CONS), quali, a titolo esemplificativo, i benefici economici derivanti, ad entrambe le parti, dalla pubblicazione delle opere, il numero delle consultazioni online delle pubblicazioni, la rilevanza dell’editore sul mercato e i costi sostenuti da entrambe le parti per gli investimenti tecnologici.
In questo quadro si colloca la Delibera AGCOM n. 180/2025/CONS del 10 luglio 2025, con la quale l’Autorità ha determinato l’equo compenso spettante al Gruppo editoriale GEDI da parte di Meta Platforms Ireland Limited. Tale pronuncia assume rilievo sotto molteplici profili. AGCOM ha anzitutto stabilito che le pubblicazioni di GEDI oggetto di utilizzo rientrano nella nozione di “pubblicazioni di carattere giornalistico”, includendo in tale definizione anche le testate specializzate e i “content hub” tematici, in quanto anch’essi svolgono una funzione informativa, sebbene limitata a un settore/tema specifico”. L’autorità ha poi precisato che, contrariamente a quanto sostenuto da Meta, le uniche esclusioni normativamente previste sono rappresentate dalle pubblicazioni periodiche a fini scientifici o accademici e non anche i “quotidiani o riviste di interesse generale e specifico” che invece rientrano nella definizione di pubblicazione.
In secondo luogo, AGCOM ha affermato che Meta rientra a pieno titolo nella categoria dei prestatori di servizi della società dell’informazione, delineando così con maggiore chiarezza i confini applicativi di tale nozione e confermando che vi rientrano “tutti i servizi che consentono la riproduzione e la messa a disposizione del pubblico di pubblicazioni di carattere giornalistico, tra i quali rientra senza dubbio almeno il servizio Facebook”.
In ultima istanza, la delibera in commento rafforza e consolida l’orientamento dell’Autorità nell’interpretare in termini qualitativi - e non meramente quantitativi – l’ipotesi di esclusione dell’equo compenso rappresentata dall’utilizzo di “estratti molto brevi” delle pubblicazioni. L’estratto, per rientrare nell’ambito della tutela dell’equo compenso, deve essere in grado di appagare il bisogno informativo al punto da rendere inutile la lettura dell’articolo completo e tale valutazione, secondo AGCOM, deve essere eseguita, caso per caso e in concreto, non astrattamente. AGCOM ha, infatti, sostenuto che “Alla luce delle considerazioni svolte, si ritiene che i post prodotti su Facebook, […] per quanto emerso nella procedura, si configurano come pubblicazioni di carattere giornalistico e non estratti molto brevi, poiché in grado di dispensare l’utente medio dalla necessità di consultazione dell’articolo nella sua interezza”.
Pur non trattandosi del primo intervento dell’autorità in materia - già con la Delibera n. 278/24/CONS l’Autorità aveva fissato l’equo compenso dovuto, in quel caso, da Microsoft a GEDI - la decisione in commento, assume particolare rilievo in ragione della dimensione sistemica che la piattaforma riveste nel mercato dell’informazione digitale. Essa inaugura una prassi regolatoria che costituisce un precedente di portata significativa. Ad ogni buon conto, resta aperto il dibattito sia sul piano giuridico sia su quello economico circa l’incidenza di tali misure e l’effettiva capacità di tutelare concretamente gli interessi e i diritti dei soggetti coinvolti e di riequilibrare le dinamiche del mercato digitale, garantendo la sostenibilità dell’informazione di qualità.
Avv. Arianna Serafini e Dott.ssa Greta Maria Marzorati