Nel marzo 2024, l’Autorità francese della concorrenza ha multato Google per 250 milioni di euro per violazione degli impegni presi nel 2022, all’esito di un procedimento per abuso di posizione dominante nei confronti degli editori di stampa francesi. Il caso ha riguardato alcune delle più importanti sfide nella disciplina giuridica del “big tech”: dall’antitrust all’addestramento dei sistemi di intelligenza artificiale passando per la tutela del diritto d’autore nell’utilizzo dei contenuti della stampa online.
I precedenti impegni presi da Google nel delicato rapporto tra tutela del diritto d’autore e addestramento dell’AI.
Il tormentato rapporto tra Google e l’Autorità francese per la concorrenza trae origine, in particolare, dalla “nuova” disciplina del diritto d’autore introdotta dalla “Direttiva Copyright”. Già nel 2019, infatti, l’Autorité aveva avviato un’indagine sui rapporti di Google con gli editori di stampa e le agenzie di stampa francesi, a seguito del recepimento da parte della Francia dellaDirettiva 790/2019. Tale direttiva garantisce agli editori il diritto di autorizzare l’utilizzo online dei loro contenuti, in particolare per la riproduzione e comunicazione pubblica. Le lamentele di grandi editori e sindacati della stampa avevano portato a un’indagine ai sensi dell’Articolo 102 del TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea), focalizzata su una serie di presunti abusi da parte di Google. Quest’ultima, infatti, avrebbe utilizzato senza autorizzazione i contenuti di numerose testate francesi ai fini dell’addestramento del proprio programma di intelligenza artificiale “Gemini” (ex Bard). Inoltre, avrebbe anche rimosso da altri servizi Google i contenuti dei giornali che hanno espressamente richiesto il loro non utilizzo per l’addestramento di Gemini, abusando dunque della propria posizione dominante.
A seguito di tali rimostranze e della indagine che ne era derivata, Google aveva proposto una serie di impegni apparentemente risolutivi, che l’Autorité aveva accettato nel 2022. Tale dichiarazione di intenti aveva consentito che il procedimento verso il colosso americano si concludesse senza una formale constatazione di abuso o ulteriori sanzioni, eccezion fatta per una precedente multa per inosservanza di misure cautelari.
La successiva sanzione dell’Autorité nei confronti di Google
Successivamente, nel 2023, l’Autorità francese aveva riscontrato il mancato rispetto da parte di Google di una serie di impegni fondamentali in materia di negoziazione “fair”, trasparente e non discriminatoria. Le misure correttive ulteriormente proposte da Google erano state ritenute insufficienti. In particolare, i) sotto il profilo della trasparenza, Google aveva utilizzato dati incompleti e inaccurati per il calcolo delle remunerazioni, senza fornire agli editori informazioni essenziali sul reale utilizzo dei loro contenuti. Inoltre, ii) il metodo adottato da Google sarebbe stato inoltre non oggettivo, basando la suddivisione di valore totale tra gli editori solo sui dati di traffico di Similarweb, senza considerare servizi aggiuntivi come Maps e Finance, che utilizzavano ugualmente contenuti della stampa. Da ultimo, iii) la distribuzione della remunerazione sarebbe stata anche discriminatoria, non tenendo conto delle differenze di nella capacità di generare traffico da parte dei contenuti degli editori.
Utilizzo dei Contenuti della Stampa nel Servizio di AI di Google (Gemini/Bard)
L’Autorité ha esaminato anche l’uso dei contenuti della stampa nel chatbot AI di Google, Bard (ora Gemini), riscontrando una mancanza di trasparenza da parte di Google, che non aveva informato gli editori dell’uso dei loro contenuti.
Le conseguenze del sistema sopra delineato erano dunque chiare: agli editori francesi era preclusa la possibilità tecnica di impedire l’utilizzo dei loro contenuti in Bard senza compromettere la visibilità su altri servizi ormai fondamentali per la loro esistenza, come Search e News.
La soluzione adottata da Google è consistita nella successiva introduzione, nel settembre 2023, diuno strumento di opt-out: Google-Extended. Tuttavia, tale opzione non era effettivamente risolutiva, risultando applicabile solo ai dati futuri: Bard continuava infatti ad accedere ai contenuti precedenti degli editori che avevano esercitato il proprio diritto di opt-out.
Un caso significativo anche alla luce del nuovo AI Act
Come anticipato in premessa, il caso in esame ha rappresentato un eccellente compendio delle sfide poste dall’addestramento dei sistemi di AI (più che dall’intelligenza artificiale in sé) rispetto alla tutela del diritto d’autore. L’Autorità francese ha potuto segnalare in primo luogo l’assenza di un efficace opzione di opt-out per gli editori, anticipando quesiti di grande rilevanza anche a seguito dell’entrata in vigore dell’AI Act, il Regolamento dell’Unione Europea sull’Intelligenza Artificiale.
Quest’ultimo, infatti, riconosce il ruolo del text and data mining (TDM, ovvero, approssimativamente, l’estrazione di testi e dati) nell’addestramento dell’AI a fianco alla tutela del diritto d’autore. Tuttavia, un mero approccio di “opt-out” potrebbe non essere sufficiente, soprattutto se non viene considerato il più ampio contesto dei rapporti di forza degli attori e dunque degli abusi di posizione dominante. Oltre a una riflessione sulla maggiore efficacia di un approccio “opt-in”, resta evidente la necessità di una tutela pluridisciplinare in cui il diritto antitrust, il diritto dei dati e il diritto d’autore si coordinino virtuosamente.