La Cassazione precisa la natura disciplinare dello scarso rendimento

La Cassazione precisa la natura disciplinare dello scarso rendimento
Il mancato raggiungimento del risultato prefissato non costituisce di per sé inadempimento, a meno che non sia individuabile uno scostamento di parametri di professionalità medie, proprie delle mansioni affidate al lavoratore.

Un lavoratore veniva licenziato per giustificato motivo oggettivo in ragione di un suo scarso rendimento in quanto la società rilevava che nel biennio precedente il dipendente era stato ripetutamente assente per brevi periodi di malattia per complessive 123 giornate lavorative e che tali assenze erano significativamente superiori rispetto alla media delle assenze del personale appartenente alla stessa categoria del lavoratore risultando, peraltro, prevalentemente adiacenti a periodi di riposo.

La società recedeva pertanto dal rapporto di lavoro deducendo che “al di là delle motivazioni delle assenze”, le stesse avevano inciso negativamente sull'organizzazione aziendale e sui livelli di produzione del settore cui il dipendente era stato assegnato, con effetti diretti e negativi sull'organizzazione dell'attività, sul dimensionamento dell'organico e sull'erogazione del servizio".

Il lavoratore adiva il Tribunale di Roma che accoglieva il ricorso con sentenza confermata dalla Corte distrettuale che riteneva irrilevanti le circostanze dedotte dalla società su elementi diversi rispetto a quello decisivo rappresentato dal mancato esaurimento del periodo di comporto.

La società proponeva ricorso per Cassazione.

La Suprema Corte con sentenza n. 10640 del 19 aprile 2024, ha preliminarmente ricordato che non è consentito al datore di lavoro in virtù di un mero atto di auto qualificazione, invadere l'area del giustificato motivo oggettivo con casi che, appartenendo naturalmente all'area della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo, non abbiano valenza risolutoria sotto questo aspetto.

La Corte ha quindi precisato che lo scarso rendimento costituisce un'ipotesi di recesso del datore per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore, che, a sua volta, si pone come specie della risoluzione per inadempimento, prevista dagli artt. 1453 c.c.

Nel ricordare, infine, che il lavoratore non si obbliga al raggiungimento di un risultato ma alla messa a disposizione del datore delle proprie energie, nei modi e nei tempi stabiliti, la Cassazione ha precisato che il mancato raggiungimento del risultato prefissato non costituisce di per sé inadempimento, a meno che non sia individuabile uno scostamento di parametri di professionalità medie, proprie delle mansioni affidate al lavoratore.

Lo scostamento deve comunque afferire alla sfera volitiva del dipendente, dando luogo al licenziamento cd. ontologicamente disciplinare, mentre non rilevano prestazioni estranee a standard medi che possono anche ravvisarsi in condizioni attinenti alla persona del lavoratore quali la sopravvenuta inidoneità per infermità fisica, la carcerazione, il ritiro della patente o la sospensione delle autorizzazioni amministrative, la mancanza del titolo professionale abilitante, che, sebbene possano determinare la perdita di interesse del datore di lavoro alla prestazione, non possono essere ricondotti a tipologia di recesso disciplinari perché non espressione di una volontà del lavoratore.

Avv. Nicoletta Di Lolli

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