Nuova vittoria de LaLiga contro Cloudflare

Nuova vittoria de LaLiga contro Cloudflare
Il 26 marzo il Tribunale Commerciale n. 6 di Barcellona ha rigettato definitivamente la domanda di Cloudflare volta ad annullare il provvedimento con cui la giustizia spagnola aveva autorizzato LaLiga a bloccare gli indirizzi IP condivisi di Cloudflare utilizzati per la distribuzione illecita di contenuti audiovisivi.

In una recente conferenza, Javier Tebas, presidente de “LaLiga” (il campionato di calcio spagnolo) ha stimato che l’impatto economico della pirateria audiovisiva raggiungerebbe i 600-700 milioni di euro all’anno. A fronte di tale emorragia, la stessa LaLiga ha disposto da diverso tempo articolate strategie economiche e giudiziarie, passando anche attraverso richieste di cooperazione istituzionale e campagne di sensibilizzazione.

Le critiche ai colossi del web

In tutto il mondo, un ruolo cruciale nella propagazione o nel contrasto alla pirateria è svolto dai provider, e in questo senso non sono mancate dettagliate critiche del massimo campionato spagnolo ad alcuni colossi del web. In particolare, a febbraio, LaLiga aveva segnalato all’Ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti (USTR) quanto segue: “è importante evidenziare il ruolo significativo che alcuni intermediari con sede negli Stati Uniti, come Google, Cloudflare, Coredeluxe e X (precedentemente Twitter), hanno svolto come facilitatori essenziali nella continua crescita della pirateria durante il 2024. Queste piattaforme e fornitori di servizi offrono infrastrutture o servizi critici che consentono alle reti di pirateria di prosperare, tra cui anonimizzazione, Content Delivery Network (CDN), Domain Name System, VPN, hosting, indicizzazione di contenuti e promozione sui social media”.

La battaglia legale con Cloudflare

Un particolare capitolo di tale disputa riguarda proprio Cloudflare, protagonista di numerosi procedimenti che stanno definendo l’azione di contrasto alla pirateria in Spagna.

Il 18 dicembre 2024, infatti, la giustizia spagnola aveva ordinato il blocco degli indirizzi IP utilizzati per la distribuzione illecita delle partite della Liga. Tali “blocchi” sono stati peraltro criticati dai soggetti interessati come indiscriminati e draconiani; rilievi che sono stati in più occasioni riscontrati da LaLiga.

La “nota informativa” di febbraio 2025

In particolare, con una nota informativa pubblicata in data 15 febbraio 2025, LaLiga aveva, tra l’altro, sostenuto:

Più del 50 % degli indirizzi IP pirata che distribuiscono illegalmente i contenuti de LaLiga sono occultati (blanquadas ovvero “white‑washed”) da Cloudflare e, nonostante LaLiga abbia inoltrato alla società numerose richieste perché interrompesse la collaborazione con i siti pirata, Cloudflare ha scelto di non collaborare e di trarre profitto dall’attività criminale che contribuisce a celare.

LaLiga ha contattato ripetutamente Cloudflare per invitarla a una collaborazione volontaria: in risposta, lo scorso venerdì 7 febbraio, la tech company statunitense ha paradossalmente confermato il proprio operato, avanzando giustificazioni tecnologiche inverosimili e incoerenti. Di conseguenza, l’unica strada rimasta è quella intrapresa da LaLiga tramite i provvedimenti legali. Tale situazione non è esclusiva della Spagna: misure analoghe sono già state adottate in altri Paesi per contrastare la pirateria di contenuti sportivi. In questo modo, LaLiga ha esaurito ogni dovere di diligenza prima di ricorrere a tali misure”.

La nuova vittoria legale de LaLiga

Ancora più recentemente, Il 26 marzo scorso, il Tribunale Commerciale n. 6 di Barcellona ha rigettato in via definitiva tutte le istanze di annullamento del procedimento. Il provvedimento è inappellabile, e va dunque a cristallizzare definitivamente uno status giuridico che fungerà da pietra angolare nelle iniziative di contrasto alla pirateria promosse dal campionato spagnolo.

Nella propria nota ufficiale, LaLiga osserva che “la sentenza riconosce la piena conformità del ricorso alle disposizioni vigenti in materia di proprietà intellettuale e di servizi della società dell’informazione, attestandone la legittimità e la validità procedurale”.

L’ordinanza sottolinea inoltre come i ricorrenti non abbiano dimostrato l’esistenza di alcun pregiudizio: nessuna delle argomentazioni presentate identifica, quantifica o prova in alcun modo il danno, condizione essenziale per giustificare la richiesta di annullamento del provvedimento.

Avv. Stefano Leanza

Newsletter

Iscriviti per ricevere i nostri aggiornamenti

* campi obbligatori