Videosorveglianza e modifica degli assetti aziendali: cosa fare?

Videosorveglianza e modifica degli assetti aziendali: cosa fare?
Avv. Vincenzo Colarocco Con la circolare n. 1881 del 25 febbraio 2019, avente ad oggetto “indicazioni operative in ordine al rilascio di provvedimenti autorizzativi”, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) fornisce una serie di indicazioni operative circa la corretta applicazione dell’art. 4 della legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) nelle ipotesi di intervenuti processi di modifica degli assetti proprietari (quali a mero titolo esemplificativo, cessioni, fusioni, affitto di ramo d’azienda, ecc.). In particolare, ci si chiede se, nelle ipotesi di cambiamento di titolarità dell’impresa che ha installato impianti audiovisivi o altri strumenti di controllo a distanza dei lavoratori sia necessario rinnovare le procedure di accordo in sede sindacale o autorizzativa o se sia sufficiente che la sopravvenuta modifica della proprietà venga resa formalmente nota alle sedi competenti dell’Ispettorato. Su tale aspetto, l’INL è intervenuto precisando quanto segue: “il mero “subentro” di un’impresa in locali già dotati degli impianti/strumenti non integra di per sé profili di illegittimità qualora gli impianti/strumenti stessi siano stati installati osservando le procedure (accordo collettivo o autorizzazione) previste dall’art. 4 della L. n. 300/1970e non siano intervenuti mutamenti dei presupposti legittimanti (organizzative e produttive, quelle di sicurezza sul lavoro e quella di tutela del patrimonio aziendale) e delle modalità di funzionamento degli strumenti di sorveglianza. Resta fermo l’obbligo per l’azienda “che subentra” di: (i) comunicare all’Ufficio che l’ha rilasciato, gli estremi del provvedimento di autorizzazione all’installazione degli impianti; (ii) di rendere una dichiarazione attestante che –con il cambio di titolarità- non sono mutati né i presupposti legittimanti il suo rilascio, né le modalità di uso dell’impianto audiovisivo o dello strumento autorizzato. Tale circolare è del tutto coerente con la responsabilizzazione (c.d. accountability), prevista dal Regolamento (UE) 2016/679 in materia di protezione dei dati personali demandando alle aziende le modalità di tutelare un proprio interesse legittimo, rispettando, pur sempre, la dignità e la riservatezza dei lavoratori.
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