Appena qualche settimana dopo la pronuncia della Corte Suprema statunitense concernente la serie Orange Prince di Andy Warhol in cui veniva affermato che la stessa, per l'impiego che ne era stato fatto da parte della Warhol Foundation, viola i diritti d'autore della fotografa Lynn Goldsmith, ora il giudice distrettuale di Miami ritorna sul concetto di fair use con un'inaspettata inversione di rotta: questa volta la pronuncia in commento ha ad oggetto la famosissima banana di Cattelan. Ma si tratta realmente di un mutamento di orientamento oppure vi è una spiegazione giuridica e fattuale alla pronuncia che coinvolge l'artista italiano?
La vicenda
Sono passati circa vent'anni da quando l’artista concettuale Joe Monford registrava presso l'Ufficio del copyright statunitense la sua opera d'arte sotto il nome “Banana & Orange”, facente parte della serie di natura morta intitolata “Sculptures: Still life”. Da allora Monford ha avuto per vent'anni il primato nella tecnica – se di tecnica si può realmente parlare – consistente nello scotchare la frutta al muro con il nastro adesivo. Poi è arrivato un collega padovano dallo stile particolarmente originale, che dopo essersi fatto conoscere con opere estremamente provocatorie quali l’iconica scultura America (nota ai più come “il Water d'oro”) o L.O.V.E. (conosciuta come “il Dito”), collocata in via permanente nel cuore della Finanza italiana, espone all'Art Basel di Miami Beach nel 2019 con un nuovo lavoro intitolato “Comedian” raffigurante una banana attaccata al muro con un nastro adesivo argento.
La scultura ha goduto fin da subito un successo mediatico inimmaginabile, non tanto e non solo per il suo divertente epilogo che ha posto fine alla discussione su come gestire il naturale deterioramento del frutto nel contesto di un'esposizione artistica (la banana è stata infatti mangiata da un altro artista e, dopo la sua sostituzione, è stata tolta dall'esposizione per evitare che l’evento si ripetesse) quanto piuttosto per il valore di 120 mila dollari cui è stata quotata. Dunque, forte della convinzione di potersi arrogare un primato nell'impiego del nastro adesivo e della frutta per realizzare “sculture” di natura morta, Monford nel 2022 conveniva in giudizio Cattelan con l'accusa di plagio.
I motivi della decisione
L'istanza avanzata dallo scultore statunitense è stata inizialmente accolta ma, attesa la mancata dimostrazione della somiglianza tra le due opere, il Southern District of Florida con sentenza pronunciata il 9 giugno 2023 ha definitivamente respinto le pretese risarcitorie avanzate da Joe Morford (Morford v. Cattelan, United States District Court for the Southern District of Florida).
L’opera di Morford è infatti costituita da due pannelli rettangolari verdi, quello superiore presenta un’arancia al centro attaccata con nastro adesivo grigio, quello inferiore reca al centro una banana attaccata anch’essa con il medesimo nastro adesivo grigio. Quest'ultimo è stato poi utilizzato intorno ai bordi, creando un dittico verticale. La banana di Cattelan al contrario è posta su uno sfondo bianco e strategicamente collocata in posizione angolare. Non vi erano dunque prove sufficienti per dimostrare che Cattelan avesse tratto ispirazione dall'opera del collega statunitense.
Al di là dell'insussistenza dell'elemento della somiglianza vi è un altro aspetto della pronuncia in commento che merita di essere segnalato: secondo il giudice Robert Scola la tecnica consistente nel fissare una banana su un piano verticale con del nastro adesivo non gode di protezione autoriale, del resto se si decidesse altrimenti – argomenta Scola – si ridurrebbe ulteriormente il numero già limitato di modi in cui una banana può essere legalmente fissata a un muro (“To find otherwise would further limit the already finite number of ways in which a banana may be legally taped to a wall without infringing on Morford’s work”).
Considerazioni
Non è la prima volta che altri artisti avanzano pretese risarcitorie nei confronti di Cattelan; basti pensare alla recente azione legale intrapresa dallo scultore francese Daniel Druet, volta ad ottenere dai giudici un riconoscimento della sua qualità di autore di alcune opere (tra cui “La nona ora” e “Him”) da lui commissionate a Cattelan tra il 1999 e il 2006. In particolare in quell’occasione l’artista francese conveniva in giudizio il gallerista di Cattelan, Emmanuel Perrotin e la Monnaie de Paris (spazio museale che nel 2016 ha ospitato la mostra “Not afraid of Love”). Con sentenza pronunciata appena un anno fa i giudici francesi dettero ragione a Cattelan riconoscendo che “l’opera d'arte è di chi la concepisce” (e non di chi la commissiona). In quel caso, infatti, i giudici riconobbero che il ruolo di Druet era consistito semplicemente nell’impartire alcune direttive all’artista convenuto, dovendosi riconoscere al solo Cattelan il ruolo determinante nel rendere le sculture di cera capaci di suscitare determinate emozioni al pubblico.
Ed è chiaro che Maurizio Cattelan è l’artista contemporaneo per eccellenza in grado di trasmettere le più svariate emozioni: dalla sorpresa all’empatia, dal divertimento alla repulsione, dall’ironia alla ribellione, mantenendo sempre una propria individualità.