Marchio “debole”: quali tutele?

Marchio “debole”: quali tutele?
Con ordinanza n. 3167 del 7.2.2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alla tutela riconosciuta al marchio c.d. “debole”, affermando che «la qualificazione del segno distintivo come marchio debole non preclude la tutela nei confronti della contraffazione in presenza dell’adozione di mere varianti formali, in sé inidonee ad escludere la confondibilità con ciò che del marchio imitato costituisce l’aspetto caratterizzante, non potendosi, invero, limitare la tutela del marchio debole ai casi di imitazione integrale o di somiglianza prossima all’identità».
  • Marchio “debole” e marchio “forte”.
  • Come noto, funzione precipua del marchio è quella distintiva: contraddistinguere i prodotti e servizi di un’impresa da quelli di altre imprese concorrenti e, così, permettere al consumatore di identificare in modo immediato l’impresa che offre quel determinato prodotto e/o le specifiche caratteristiche di quest’ultimo.
  • È proprio nell’elemento della capacità distintiva che si possono individuare le differenze tra il marchio “debole” e il marchio “forte”. In altre parole, il marchio viene considerato “debole” laddove – a differenza del marchio “forte” – non presenta una elevata capacità distintiva, così prestandosi alla registrazione da parte di altre imprese concorrenti di marchi simili, almeno nella parte “non distintiva” del segno “debole”. E così, al marchio “debole” viene riconosciuta una tutela giuridica attenuata, «nel senso che, a differenza del marchio cd. forte, in relazione al quale vanno considerate illegittime tutte le modificazioni, pur rilevanti ed originali, che ne lascino comunque sussistere l’identità sostanziale ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l’idea fondamentale in cui si riassume, caratterizzandola, la sua attitudine individualizzante, per il marchio debole sono sufficienti ad escluderne la confondibilità anche lievi modificazioni od aggiunte» (ex multis, Cass. Civ., sent. n. 3167 del 7.2.2025).
  • Il requisito della “novità”.

L’art. 12 del Codice della Proprietà Industriale (“c.p.i.”) individua il requisito della “novità”, ai fini della registrazione di un marchio d’impresa.

In dettaglio, ai sensi dell’art. 12 c.p.i., per quanto rileva in questa sede, «non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i segni che alla data del deposito della domanda: a) siano identici o simili ad un segno già noto come marchio o segno distintivo di prodotti o servizi fabbricati, messi in commercio o prestati da altri per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identità o somiglianza tra i segni e dell'identità o affinità fra i prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni […] d) siano identici o simili ad un marchio già da altri registrato nello Stato o con efficacia nello Stato, in seguito a domanda depositata in data anteriore o avente effetto da data anteriore in forza di un diritto di priorità o di una valida rivendicazione di preesistenza per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identità o somiglianza fra i segni e dell'identità o affinità fra i prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni».

  • La tutela del marchio “debole”. La pronuncia della Cassazione.
  • Si è detto come un marchio viene considerato “debole” laddove non presenti una elevata capacità distintiva. Ma quale tutela viene riconosciuta a tale segno distintivo? Si è visto come l’art. 12 c.p.i individui un ostacolo alla registrazione di un marchio d’impresa non solo nell’identità con un segno anteriore, ma anche nella somiglianza («[…] siano identici o simili» - cfr. § II).
  • Orbene, la Suprema Corte, con la pronuncia in commento, ha chiarito come «in tema di marchi di impresa, la qualificazione del segno distintivo come marchio debole non preclude la tutela nei confronti della contraffazione in presenza dell’adozione di mere varianti formali, in sé inidonee ad escludere la confondibilità con ciò che del marchio imitato costituisce l’aspetto caratterizzante, non potendosi, invero, limitare la tutela del marchio debole ai casi di imitazione integrale o di somiglianza prossima all’identità, cioè di sostanziale sovrapponibilità del marchio utilizzato dal concorrente a quello registrato anteriormente. […] se si negasse tale principio, si finirebbe per limitare la tutela del marchio debole ai casi di imitazione integrale o di somiglianza prossima all’identità, cioè di sostanziale sovrapponibilità del marchio utilizzato dal concorrente a quello anteriore registrato, ma tale conseguenza è estranea alla logica della tutela del marchio debole». Dunque, deve riconoscersi tutela al marchio “debole” anche laddove vengano apportate delle varianti che risultino inidonee ad escludere l’effetto confusorio rispetto al marchio debole anteriormente registrato e, in particolare, che siano inidonee ad escludere la confondibilità con ciò che del marchio imitato costituisce l’aspetto caratterizzante, ossia il nucleo cui è affidata la funzione distintiva.

Avv. Maria Eleonora Nardocci

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