Liquidazione giudiziale dell’impresa e cessione del credito

Liquidazione giudiziale dell’impresa e cessione del credito
Con l’ordinanza n. 5591, pubblicata in data 3 marzo 2025, la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione si è pronunciata sulla (duplice) questione della rilevanza processuale della cessione del credito avvenuta in pendenza del procedimento, promosso dal cedente, per la declaratoria del fallimento (oggi, liquidazione giudiziale) dell’impresa debitrice e della legittimazione all’intervento da parte del cessionario.

Secondo i Giudici di legittimità “[q]ualora il creditore istante per il fallimento abbia ceduto il proprio credito nel corso del relativo giudizio, il cessionario può intervenire nel processo ai sensi dell’art. 111 c.p.c., quale successore nel diritto affermato in giudizio, poiché con la domanda egli non fa valere un diritto diverso da quello di credito acquistato, ma propone un’azione diretta al soddisfacimento coattivo dello stesso nel concorso con gli altri creditori”.

Il Codice della crisi d’impresa, ponendosi in sostanziale continuità dispositiva con la previgente Legge fallimentare - ha riconosciuto la legittimazione attiva alla proposizione del procedimento finalizzato all’apertura della liquidazione giudiziale al debitore, agli organi e alle autorità amministrative che hanno funzioni di controllo e di vigilanza sull’impresa, ai creditori e al pubblico ministero.

Per quanto attiene all’ipotesi di procedimento promosso dal creditore il quale abbia, in pendenza di giudizio, ceduto il credito ad altro soggetto e alla legittimazione del cessionario a intervenire nel procedimento i Giudici di legittimità hanno in primis ricordato, in termini generali, che “la successione a titolo particolare nel diritto controverso si verifica non soltanto nel caso in cui sia alienato l’identico diritto che forma oggetto della controversia, ma in ogni caso in cui l’alienazione importi, per un rapporto di derivazione sostanziale, il subentrare dell’acquirente nella posizione giuridica attiva o passiva cui inerisce la pretesa dedotta in giudizio”.

Ciò ricordato, hanno, quindi, chiarito che il creditore, “provocando l’apertura di una procedura concorsuale, non fa valere un diritto diverso dal diritto di credito acquistato, ma propone un’azione diretta al soddisfacimento coattivo dello stesso nel concorso con gli altri creditori”.

Ne discende la sussistenza della facoltà, in capo al cessionario, di intervenire nel processo ai sensi dell’art. 111 c.p.c., in qualità di “successore nel diritto affermato in giudizio”.

Avv. Rossana Mininno

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