Il Tribunale di Roma sull’uso dei segni artistici all’interno dei marchi

Il Tribunale di Roma sull’uso dei segni artistici all’interno dei marchi
Il Tribunale di Roma, chiamato a pronunciarsi in una controversia avente ad oggetto l’accertamento negativo dell’interferenza di un marchio registrato con riferimento, sia al diritto d’autore rivendicato da un noto artista su un simbolo di sua creazione, sia sul marchio da quest’ultimo registrato, con sentenza del 31 ottobre 2024 chiarisce che l’originalità e la notorietà che contraddistinguono un simbolo che gode della tutela del diritto d’autore prevale su un marchio successivamente registrato.

Il Tribunale ha osservato che, ai sensi dell'art. 1 della legge n. 633/1941, sono protette dal diritto d'autore le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro e dalla cinematografia, qualunque ne sia il mondo o la forma di espressione. Conformemente alla giurisprudenza prevalente, il carattere creativo e la novità dell'opera sono elementi costitutivi del diritto d'autore sull'opera dell'ingegno; pertanto, prima ancora di verificare se un'opera possa costituire plagio di un'altra, il giudice del merito deve verificare se quest'ultima abbia o meno i requisiti per beneficiare della protezione richiesta, sia sotto il profilo della compiutezza espressiva, sia sotto il profilo della novità.

Non è infatti tutelabile l'idea in sé, ma la forma della sua espressione.

Nel caso di specie, l'opera del noto artista - consistente in un simbolo composto da tre cerchi intersecati, di cui i due cerchi esterni rappresentano tutte le diversità e le antinomie, tra cui natura e artificio, e quello centrale rappresenta la compenetrazione fra i cerchi opposti, ovvero il grembo generativo della nuova umanità - non ripropone il simbolo dell'infinito, ma se ne discosta in modo sostanziale, trattandosi di un disegno che, tratteggiando una linea continua, raffigura tre segni sferici di forma in parte irregolare, di cui una maggiore al centro e due laterali di misura nettamente inferiore.

Trattasi, tra l’altro, di un simbolo che ha avuto grande diffusione a livello internazionale utilizzato in diverse mostre, installazioni ed eventi culturali.

La giurisprudenza ha ormai sancito che la fattispecie di plagio di un'opera altrui non è data soltanto dal "plagio semplice o mero plagio" o dalla "contraffazione" dell'opera tutelata, ma anche dal cosiddetto "plagio evolutivo", il quale costituisce un'ipotesi più complessa di tale fenomeno, in quanto integra una distinzione solo formale delle opere comparate, sicché la nuova, per quanto non sia pedissequamente imitativa o riproduttiva dell'originaria, in conseguenza del tratto sostanzialmente rielaborativo dell'intervento su di essa eseguito, si traduce non già in un'opera originale ed individuale, per quanto ispirata da quella preesistente, ma nell'abusiva, e non autorizzata, rielaborazione di quest'ultima, compiuta in violazione degli artt. 4 e 18 della l. n. 633 del 1941 (cfr. Cass. civ. n. 14635 del 06/06/2018).

Su questi presupposti il Tribunale ha ritenuto infondata la domanda attorea di accertamento negativo della violazione dell'altrui diritto d'autore, sul simbolo de quo, per effetto della registrazione del successivo marchio dell'Unione Europea - consistente nell'immagine stilizzata di una nuvola composta da tre cerchi uniti tangenzialmente - ritenendo evidente l'interferenza tra il segno attoreo e l'opera dell'ingegno del convenuto.

Il Tribunale ha inoltre ritenuto fondata la speculare domanda riconvenzionale con cui l’artista chiedeva di inibire alla controparte lo sfruttamento della propria opera e l'utilizzo del proprio marchio o di marchi confondibili con il simbolo da lui ideato e realizzato, qualificabile come azione di contraffazione di marchio registrato mediante l'uso del marchio da lei a sua volta registrato.

Nella specie, la notorietà del marchio in oggetto, registrato come marchio UE e nazionale, deriva dalla notorietà acquisita dal segno quale opera d'arte creata dall’artista e, grazie anche alla fama internazionale di quest'ultimo nel mondo dell'arte, ha acquisito notorietà al livello nazionale ed europeo per effetto del suo impiego in eventi e manifestazioni di rilievo internazionale. Alla notorietà del marchio consegue, altresì, la sua tutelabilità in ambito ultramerceologico.

Con riferimento, infine, al risarcimento del danno conseguente all'accertata contraffazione, Il Tribunale ha affermato che esso non può prescindere dall'allegazione di elementi concreti sulla base dei quali poter parametrare il pregiudizio che si assume sofferto. Tra questi, ad esempio, il "mancato guadagno" consistente nella perdita di quote di mercato anche per il futuro, per il calo di credibilità verso i consumatori e verso i clienti, oppure il valore delle "royalties" che il concessionario del marchio sarebbe stato tenuto a pagare alla controparte se avesse ottenuto da quest'ultima una licenza, tenendo conto del canone che pagherebbe il licenziatario, ma con una maggiorazione percentuale che tenga conto della illiceità della condotta contraffattoria.

Nel caso in esame, Il Tribunale ha ritenuto non vi fosse prova di un danno patrimoniale subito dall’artista a causa delle condotte contraffattiva della controparte.

E’ stato invece disposto il ritiro dal commercio e la distruzione di ogni prodotto, documento o materiale promozionale e commerciale recanti il marchio attoreo, prevedendo altresì una penale per l’ipotesi di inottemperanza alle misure disposte, ai sensi dell'art. 124 Codice della proprietà industriale.

Avv. Ginevra Proia e Dott.ssa Lucrezia Uva

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