
La Cassazione ha chiarito che un fatto non tempestivamente contestato dal datore di lavoro non può ritenersi insussistente per violazione radicale dell’art. 7 della legge 20 maggio 1970 n. 300 con la conseguenza che nel regime riformato dell’art. 18 stat. lav. la tardività della sanzione non consente di applicare il regime della reintegra attenuta.
Un lavoratore, dipendente dell’Agenzia delle Entrate e Riscossione, a seguito della risoluzione del rapporto per giusta causa, impugnava innanzi al Tribunale di Salerno il licenziamento disciplinare irrogatogli, deducendo la tardività della contestazione disciplinare inviata il 3 dicembre 2018 a fronte della chiusura delle attività ispettive che lo avevano riguardato, avvenuta 8 mesi prima.
La Corte d’Appello, nel riformare la sentenza di primo grado, disponeva la reintegra del ricorrente nel posto di lavoro sul presupposto che la tardività della misura sanzionatoria non incide sul profilo meramente procedurale ma investe anche il potere disciplinare esercitato.
La Suprema Corte di Cassazione con sentenza . 14172 del 27 maggio 2025, nel richiamare il precedente arresto delle sezioni unite 30985/17, ha dato continuità all’orientamento per il quale un fatto non tempestivamente contestato dal datore di lavoro non può ritenersi insussistente per violazione radicale dell’art. 7 della legge 20 maggio 1970 n. 300 con la conseguenza che nel regime riformato dell’art. 18 stat. lav. la tardività della sanzione non consente di applicare il regime della reintegra attenuta.
Avv. Nicoletta Di Lolli