Crisi d’impresa e monetizzazione del pegno bancario

Crisi d’impresa e monetizzazione del pegno bancario
Con l’ordinanza n. 9812, pubblicata in data 15 aprile 2025, la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione si è pronunciata sulla questione della revocabilità o meno dell’atto estintivo di debito pecuniario consistito nella monetizzazione da parte della banca del pegno costituito in garanzia dal cliente, successivamente destinatario di declaratoria di fallimento (oggi, liquidazione giudiziale).

Secondo i Giudici di legittimità “[i]n tema di revocatoria fallimentare, al fine di stabilire se il pagamento si collochi o meno nel “periodo sospetto” rilevante per l’esercizio dell’azione, la monetizzazione da parte della banca del pegno costituito in garanzia dal cliente poi fallito è idonea a determinare la decorrenza del relativo termine, siccome equivale al pagamento del debito garantito dal pegno stesso, restando invece irrilevante la data dell’eventuale successiva imputazione del pagamento, da parte del creditore, a uno piuttosto che a un altro dei plurimi debiti del medesimo obbligato”.

Il Codice della crisi d’impresa, ponendosi in continuità dispositiva con il previgente regime di cui alla Legge fallimentare, ha riproposto l’impianto normativo di revocabilità degli “atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento” (art. 166, co. 1, lett. b, c.c.i.) e dei “pagamenti di debiti liquidi ed esigibili” (art. 166, co. 2, c.c.i.). L’unica novità introdotta è consistita nell’estensione del c.d. periodo sospetto all’arco temporale successivo al “deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale” (art. 166, co. 1, lett. b, c.c.i.; art. 166, co. 2, c.c.i.). Per quanto attiene alle limitazioni temporali le azioni revocatorie “non possono essere promosse dal curatore decorsi tre anni dall’apertura della liquidazione giudiziale e comunque si prescrivono decorsi cinque anni dal compimento dell’atto” (art. 170, co. 1, c.c.i.).

L’azione revocatoria esercitata dal curatore della liquidazione giudiziale ha natura distributiva in quanto “volta alla corretta applicazione delle regole concorsuali in relazione a tutti i pagamenti effettuati nel periodo sospetto ove sia accertata la scientia decoctionis” (Cass. civ., Sez. Un., 16-2-2022, n. 5049). Ne discende la “revocabilità di tutti i pagamenti eseguiti in favore di un creditore privilegiato che abbiano la duplice caratteristica di essere stati eseguiti nel periodo sospetto, unita alla consapevolezza del creditore dello stato d’insolvenza del debitore prossimo al fallimento” (Cass. n. 5049/2022 cit.).

Con specifico riferimento alla questione della revocabilità o meno dell’atto estintivo di un debito pecuniario che sia stato posto in essere dall’istituto bancario creditore tramite la monetizzazione del pegno costituito in garanzia dal cliente, del quale sia stato successivamente dichiarato il fallimento (oggi, liquidazione giudiziale), i Giudici di legittimità - dopo aver ricordato che nella prelazione pignoratizia l’adempimento del debito si realizza mediante la soddisfazione diretta e autonoma del creditore sul bene costituito in pegno attraverso il prelievo della somma dovutagli e il conseguente pagamento, totale o parziale, del debito originario - hanno chiarito che la monetizzazione del pegno operata dalla banca equivale, da un punto di vista sostanziale, al pagamento del debito garantito, rilevante a fini revocatori ove sia collocabile all’interno del periodo sospetto.

Avv. Rossana Mininno

Newsletter

Iscriviti per ricevere i nostri aggiornamenti

* campi obbligatori