Tutela del software tra ChatGPT e videogames

Tutela del software tra ChatGPT e videogames
ChatGPT è un chatbot AI sviluppato da OpenAI e progettato per fornire interazioni conversazionali simili a quelle umane. È costruito su grandi modelli linguistici (LLM), che sono programmi avanzati di apprendimento automatico in grado di comprendere e generare il linguaggio naturale. Rappresenta un salto significativo nell'elaborazione di conversazioni, in quanto consente all'IA di generare risposte testuali coerenti, contestualmente rilevanti e simili a quelle che possono emergere nell’ambito del quotidiano. Dal punto di vista dell’assistenza alla programmazione e generazione di codici, interessanti sono i risvolti che chatGPT potrebbe avere nell’industria videoludica.
Cos’è chatGPT

Grazie alle sue capacità avanzate che gli consentono di elaborare testi e rispondere a quesiti sui temi più disparati, servendosi di un affinato strumento di apprendimento automatico, ChatGPT può essere utilizzato in diversi settori e ambiti, quali il supporto ai clienti, la creazione di contenuti, la ricerca e lo sviluppo, l'assistenza alla programmazione e altro ancora. È un ottimo esempio del potere che l'intelligenza artificiale ha nel trasformare la nostra vita quotidiana e le nostre esperienze lavorative. Il presupposto di ChatGPT è l'architettura GPT (Generative Pre-trained Transformer), il cui acronimo evidenzia le caratteristiche principali di questo modello di intelligenza artificiale:

  1. Generative: I modelli GPT sono in grado di generare nuovi contenuti sulla base degli schemi e del contesto che hanno appreso dai c.d. “dati di addestramento”. Possono creare testi simili a quelli umani, contestualmente rilevanti e coerenti;
  2. Pre-trained: I modelli sono pre-addestrati ad analizzare una vasta quantità di dati testuali provenienti da fonti diverse, in modo da acquisire un'ampia gamma di modelli linguistici, grammaticali, fattuali e contestuali. Questo processo di pre-addestramento costituisce la base della loro capacità di generare testi di alta qualità;
  3. Transformer: I modelli GPT sono costruiti sull'architettura Transformer, un modello di rete neurale progettato per l'elaborazione del linguaggio naturale. Tale architettura impiega meccanismi di auto-attenzione e di elaborazione parallela per gestire in modo efficiente compiti linguistici su larga scala e generare testi contestualmente accurati.
A proposito di videogiochi

ChatGPT pur non potendo realizzare autonomamente un videogioco, può generare il codice necessario per crearne uno. In particolare, gli sviluppatori hanno utilizzato il modello di intelligenza artificiale per creare giochi originali o per rifare giochi classici come Snake e Doom, partendo da modelli già esistenti. Si serve, dunque, di un modello base per crearne uno a sé stante. A causa della loro natura complessa e trasversale, i videogiochi “artificiali” presentano una serie di interrogativi e criticità in termini di diritto d'autore e diritti connessi. Ma andiamo per gradi.

I videogiochi sono opere complesse composte da due coefficienti principali:

  • alcuni elementi audiovisivi (tra cui immagini, registrazioni video e suoni);
  • il software, che gestisce tecnicamente gli elementi audiovisivi e permette agli utenti di interagire con i diversi elementi del gioco.

Il software, ai sensi della normativa WIPO del 1978 sulla protezione dei programmi per elaboratore, è da intendersi come l'espressione di un insieme organizzato e strutturato di istruzioni contenute in qualsiasi forma o supporto, in grado - direttamente o indirettamente - di far compiere o acquisire una particolare funzione, un compito o un risultato attraverso un'elaborazione elettronica dell'informazione. È costituito da un codice sorgente e da un codice oggetto (detto "codice binario"): con il primo termine si intende il linguaggio convenzionale utilizzato dal programmatore per scrivere il software; con il secondo si intende l'insieme delle istruzioni destinate a essere elaborate dal software e a condurlo all'esecuzione di un compito specifico.

Tutela del software

Nel 1994, l'articolo 10 dell'accordo redatto dalla World Trade Organization e noto come "Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights" (TRIPs) stabilisce che i programmi per elaboratore, il codice sorgente e il codice oggetto siano meritevoli di tutela in quanto opere letterarie ai sensi della Convenzione di Berna. A livello europeo, la Direttiva CE 250/91 ha riconosciuto autonoma tutela al software annoverando, per la prima volta, le opere in formato elettronico nell’alveo delle opere dell’ingegno. Il Decreto Legislativo n. 518/1992, che ha ratificato la Direttiva CE 250/91, è stato il primo riconoscimento normativo del software in Italia. A seguire, la Legge 747/1994 ha ratificato gli accordi TRIPs attraverso la modifica di alcuni articoli della Legge sul Diritto d'Autore (L. 633/1941 – di seguito "L.D.A.") in materia di software.

Dunque il software, equiparato a un'opera letteraria, rientra oggi tra le opere dell’ingegno protette dalla L.D.A., infatti a mente dell’art. 2 c. 8 sono tutelati “i programmi per elaboratore in qualsiasi forma espressi, purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell’autore”.

Tutela del videogame

Appurata la tutala autoriale dei software, come si inquadrano invece i videogiochi? Come viene definito, giuridicamente, il videogame?

La disciplina giuridica del videogioco è frutto di un’elaborazione giurisprudenziale. Infatti la prima definizione di videogame risale agli anni ’80 quando il videogioco non era considerato un software, ma “il gioco creato per alleviare i malati dalla noia” (Pretura di Torino, 25 maggio 1982) in tale contesto la Pretura di Torino, negando l’applicabilità della legge sul diritto d’autore, si limitò ad applicare la disciplina della concorrenza sleale ex art. 2598 c.c.

Solo verso la fine degli anni ’90 la Corte di Cassazione (con sentenza n. 1204/1999) ha riconosciuto al videogioco la veste di “programma per elaboratore” costituito da “sequenze di immagini in movimento”, assimilando così il videogioco alle opere cinematografiche. Questo stato giuridico è stato poi confermato dalla giurisprudenza successiva, aprendo la strada alla tutela dei videogame non solo sotto il profilo della concorrenza sleale, ma anche e soprattutto come opere dell’ingegno, suscettibili di tutela autoriale ricorrendo i presupposti imprescindibili della creatività e dell’originalità.

La crescente diffusione dei videogiochi e la conseguente necessità di fronteggiare il fenomeno della pirateria videografica hanno poi portato il legislatore italiano a tutelare espressamente i videogame con l’introduzione degli artt. 171 ter e 181 bis l.d.a. (L. n. 43/2005).

Oggi l’autore del videogioco (definito dagli articoli summenzionati “opera multimediale” o “programma per elaboratore”) ha il diritto di essere specificamente tutelato contro l’abusiva riproduzione o diffusione al pubblico della propria opera, potendo altresì chiedere l’apposizione del contrassegno S.I.A.E. sul proprio supporto al fine di garantirne l’originalità.

Videogame e ChatGPT

L'intelligenza artificiale riveste un ruolo centrale nei videogiochi; essa, infatti, viene utilizzata per controllare tutte le interazioni dei personaggi che non sono direttamente manovrabili dal giocatore – c.d “non playable characters”(di seguito “NPC”) - e per la creazione degli specifici contenuti digitali – c.d “game design” - attraverso la tecnica della c.d. generazione procedurale.

Ma se il videogame è interamente creato da ChatGPT a chi spetta la tutela?

Com’è noto, nell'ordinamento giuridico italiano i sistemi di intelligenza artificiale non possono essere riconosciuti come autori di un’opera poiché privi di personalità giuridica.

L’opera generata artificialmente pertanto non può essere tutelata dal diritto d’autore proprio per la mancanza del contributo umano nell’atto creativo.

Per fortuna, nonostante ChatGPT sia in grado di generare linguaggio naturale in risposta ad una vasta gamma di input, la competenza dell’uomo resta ancora indispensabile. Infatti per la creazione autonoma di un videogioco completo sono richieste particolari cognizioni di progettazione e programmazione che solo un tecnico informatico è in grado di fornire.

Prospettive future

La problematica di cui sopra non deve essere tuttavia sottovalutata proprio perché le implicazioni legali dell’utilizzo di intelligenze artificiali  sono crescenti e il vuoto legislativo è preoccupante alla luce del fatto che, non solo manca un soggetto a cui attribuire la paternità dell’opera “artificiale” dell’ingegno, ma anche in quanto il legislatore non è stato ancora in grado di individuare un reale responsabile nel caso in cui la combinazione degli algoritmi determini una violazione di diritti autoriali di terzi, per esempio creando un’opera molto simile a quella di qualcun altro. La preoccupazione dovrebbe quindi essere rivolta in primis a temi di responsabilità extracontrattuale, violazione della privacy e, non da ultimo, status giuridico delle macchine.

Avv. Eleonora Carletti e Dott. Filippo Tenani

Newsletter

Iscriviti per ricevere i nostri aggiornamenti

* campi obbligatori