La Suprema Corte di Cassazione con sentenza del 12 dicembre 2022 afferma che l’eventuale disservizio aziendale determinato dalle assenze per malattia del lavoratore non può legittimare, prima del superamento del periodo massimo di comporto, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Un lavoratore veniva licenziato per scarso rendimento da una società metalmeccanica che poneva a fondamento del recesso una contestazione con la quale si addebitava una eccessiva morbilità del lavoratore che nel triennio si era assentato dal lavoro per 210 giorni fornendo, pertanto, una prestazione di lavoro non proficua.
La Corte di Appello di L’Aquila, in riforma del provvedimento del locale Tribunale dichiarava illegittimo il licenziamento condannando la società al pagamento di un indennizzo.
La Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 36188 del 12 dicembre 2022 ha accolto il ricorso del lavoratore che censurava la sentenza della Corte di Appello per avere adottato la condanna meramente indennitaria nonostante avesse ritenuto insussistente il contestato scarso rendimento.
La Suprema Corte ha inoltre rilevato che il datore di lavoro non può unilateralmente, senza alcuna eccezione, porre fine al rapporto di lavoro deducendo una eccessiva morbilità fino a quando dura il periodo di comporto fissato dalla legge, dalle parti o dal giudice
Di fronte a due interessi contrastanti (da una parte la necessità del datore di occupare solo dipendenti che lavorano e producono, dall’altra l’esigenza del lavoratore di curare la propria malattia), la Corte ha ribadito l'eventuale disservizio aziendale determinato dalle assenze per malattia del lavoratore non può legittimare, prima del superamento del periodo massimo di comporto, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo atteso che la tutela della salute è un valore preminente da tutelare.
Avv. Nicoletta Di Lolli