La pronuncia del Tribunale di Venezia sui presupposti per la tutela autorale di una banca dati

La pronuncia del Tribunale di Venezia sui presupposti per la tutela autorale di una banca dati
Lo scorso 13 febbraio 2024 il Tribunale di Venezia si è pronunciato con un’ordinanza sull’interpretazione dell’art. 102 bis l.d.a., relativo ai diritti del costitutore di una banca dati. Con tale pronuncia si conferma la centralità della tutela delle banche dati nella legge sul diritto d’autore, che consente – qualora manchi il carattere dell’originalità – la protezione dei contenuti attraverso il diritto sui generis.

Un inquadramento della vicenda 

L’ordinanza in esame trae origine dalla vicenda che ha visto protagonisti AMA-CRAI EST soc.coop. e AP SISTEMI s.r.l., AT Solution di Alessandro Trivellato: la prima, nella propria attività di vendita e di distribuzione di prodotti alimentari, al fine di consentire di effettuare acquisti ai soci, ha messo a disposizione di questi ultimi un software gestionale di titolarità della seconda società, che a sua volta riforniva alcuni punti vendita di AMA CRAI di un altro software c.d. Gesty. 

AMA CRAI adiva il Tribunale di Venezia lamentando (i) un accesso abusivo alle informazioni riservate del proprio Database perpetrato dalle società AP Sistemi srl e AT Solution attraverso il proprio software “Gesty”, nonché conseguentemente (ii) atti di concorrenza sleale. In primo luogo, infatti, si riscontrava la violazione degli artt. 2 n. 9 e 64 quinquies l.d.a., in quanto il database di titolarità di AMA CRAI veniva inquadrato come banca dati di tipo contabile dinamica, e la stessa società si riconosceva come “costitutore” di essa e dei diritti connessi, alla luce dei quali poteva essere vietata l’estrazione e il reimpiego dei dati contenuti nel software. 

Relativamente agli atti di concorrenza sleale veniva ravvisata la violazione di due norme del c.p.i.: in primis l’art. 98 c.p.i., il quale stabilisce che le informazioni riservate devono essere sottoposte a misure idonee a garantirne la riservatezza. In secondo luogo, l’art. 99 c.p.i. che sancisce il diritto del legittimo detentore dei segreti commerciali di vietare a terzi l’acquisizione e la rivelazione abusiva di tali segreti. In subordine, veniva riscontrato il compimento di atti di cui all’art. 2598 n.3 c.c., avente a oggetto gli atti di “chi si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda”. Ciò in quanto, nel caso in esame, all’utente era concesso selezionare il magazzino presso cui acquistare, in base alla tipologia di prodotti, accedendo al proprio listino prezzi contenente anche lo storico dei propri ordini, da considerarsi senza dubbio informazioni commerciali segrete. 

Nelle proprie memorie, AT Solution – illustrando il funzionamento di Gesty – riportava che l’utilizzo dei listini di AMA CRAI tramite tale software era di esclusiva spettanza degli utilizzatori del programma (il personale dei punti vendita associati AMA-CRAI) che li detenevano legittimamente. Con tale dichiarazione AT Solution rigettava nettamente la deducibilità delle violazioni riscontrate dalla controparte, affermando di non essere in possesso di alcuna informazione commerciale segreta. È stato precisato inoltre che attraverso Gesty non viene trasmesso a terzi nessun dato riservato, trattandosi di un software che costituisce uno “strumento di ottimizzazione di un sistema di analisi di informazioni che sono legittimamente detenute dai singoli utilizzatori, che consente la formulazione di ordinativi ai prezzi più vantaggiosi per ogni singolo prodotto”. 

Conclusioni: la tutela del diritto d’autore sulla banca dati AMA CRAI 

Il ricorso di AMA CRAI si fondava dunque sul doppio binario di tutela tipico delle banche dati. Infatti, in primo luogo, AMA CRAI asseriva che la propria banca dati è tutelata dalla legge sul diritto d’autore, in quanto opera di ingegno di carattere creativo risultato del lavoro intellettuale dell’uomo in base a quanto disposto dall’art. 2 n. 9 l.d.a.. In secondo luogo– come sopra accennato – la banca dati in questione si configurava, nella ricostruzione della ricorrente accolta dal Tribunale, come bene sui generis, mancante di creatività ma prodotto degli investimenti finanziari e lavorativi ex art. 102 bis l.d.a. Ai sensi di tale norma, dunque, colui che effettua investimenti per la realizzazione di una banca dati è definito il “costitutore” di essa ed “è titolare di un diritto sui generis ovvero può vietare le operazioni di estrazione ovvero reimpiego della totalità o di una parte sostanziale di essa, salvi, ovviamente, i diritti già esistenti sul contenuto della raccolta o parti di esso”.

L’ordinanza del Tribunale di Venezia specifica, infatti, che le nozioni di “estrazione” e di “reimpiego” devono essere interpretate in riferimento a “qualsiasi atto consistente, rispettivamente, nell’appropriazione e nella messa a disposizione del pubblico, senza il consenso del costitutore della banca dati, dei risultati del suo investimento, privando così quest’ultimo di redditi che dovrebbero consentirgli di ammortizzare il costo di tale investimento”. 

Avv. Stefano Leanza e Dott.ssa Silvia Mazzarella

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