Con un recente arresto giurisprudenziale la Suprema Corte ha chiarito che il diritto di sciopero può ritenersi illecito non quando danneggi la produzione dell’impresa ma solo se, anche apparentemente, la sua attuazione sia idonea a pregiudicare irreparabilmente la stessa capacità produttiva dell’azienda.
Sedici lavoratori aderenti all’organizzazione sindacale USB venivano licenziati per avere partecipato a uno sciopero improvviso e spontaneo motivato dal rifiuto dell’impresa di trasferire un dipendente appartenente ad altra sigla sindacale a seguito di un violento diverbio dall’aggressione di un lavoratore armato di un tirapugni avvenuta in un parcheggio attiguo allo stabilimento.
La società decideva di risolvere i rapporti di lavoro ritenendo illegittima la modalità di attuazione dello sciopero che aveva danneggiato l’attività produttiva e comunque non pertinente la motivazione addotta dai lavoratori per assentarsi dal posto di lavoro.
I lavoratori impugnavano il licenziamento e adivano il Tribunale di Piacenza che rigettava il ricorso con sentenza riformata dalla Corte d’appello di Bologna che disponeva la reintegra attenuata nel posto di lavoro.
La Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 6787 del 14 marzo 2024, investita del ricorso della società, nel confermare la decisione impugnata, ha ripercorso i principali approdi giurisprudenziali in materia, osservando che il datore di lavoro non ha facoltà di sindacare le ragioni della proclamazione dello sciopero che può esercitarsi anche per motivi non strettamente salariali o per esigenze di politica generale purchè connesse con il rapporto di lavoro.
La Suprema Corte ha pertanto ritenuto che, quale che siano i motivi che hanno determinato l’astensione collettiva, lo sciopero incontra, quando costituisce attuazione di una decisione collettiva, i soli limiti che si rinvengono nelle norme poste a tutela di posizioni soggettive costituzionalmente protette in maniera prioritaria o paritetica, quali il diritto alla vita e all’incolumità personale, nonché la liberta dell’iniziativa economica.
Nel richiamare la radicata distinzione tra danno alla produzione e alla produttività la Cassazione ha ribadito che il diritto di sciopero può pertanto ritenersi illecito non quando danneggi la produzione dell’impresa, pregiudizio connaturato alla forma di autotutela collettiva, ma solo se appaia la sua attuazione idonea a pregiudicare irreparabilmente la stessa capacità produttiva dell’azienda.
Tale ultima caratteristica – rileva la Suprema Corte - era stata inoltre espressamente esclusa dalla Corte di Appello.
La Cassazione ha pertanto respinto il ricorso precisando che sono privi di rilievo l’apprezzamento obiettivo che possa farsi della fondatezza o della ragionevolezza e dell’importanza delle pretese perseguite, nonché la mancanza sia di proclamazione formale sia di preavviso al datore di lavoro, sia di tentativi di conciliazione, sia d’interventi dei sindacati.
Avv. Nicoletta Di Lolli