La Cassazione ribadisce i limiti al diritto di critica sindacale

La Cassazione ribadisce i limiti al diritto di critica sindacale
L’uso di epiteti volgari, unitamente alle false accuse, afferma la Suprema Corte, esula dal diritto di critica sindacale, anche aspra, in quanto si riduce ad una ingiustificata lesione sul piano morale del datore di lavoro che è estranea dai limiti di correttezza formale e sostanziale.

Un rappresentante sindacale, dopo aver pubblicato sulla propria bacheca virtuale, del social network “Facebook”, alcuni commenti offensivi dell’immagine e del prestigio dell’azienda veniva licenziato all’esito di un procedimento disciplinare.

Il rappresentante sindacale, in particolare, nell’invitare i colleghi ad iscriversi all’organizzazione sindacale “perché trattati come stracci dall’azienda” li stimolava a non tirarsi indietro alle “prime minacce” evidenziando nei successivi post che il fondatore dell’azienda stava girando per controllare gli iscritti al sindacato per sanzionarli con chiare allusioni a sfondo sessuale.

Il Tribunale di Bari e la Corte di Appello respingevano il ricorso promosso dal rappresentante sindacale.

La Corte distrettuale nel respingere il ricorso ha precisato che le affermazioni superavano ampiamente anche la più colorita manifestazione della critica e costituivano, invece, una contumelia in quanto rappresentano una infondata avversione al sindacato caratterizzata da minacce, violenze e pressioni di cui non vi è alcuna prova.

Il rappresentante sindacale promuoveva ricorso per Cassazione e la Suprema Corte con sentenza n. 35922 del 22 dicembre 2023, nel respingere il ricorso ha rilevato, richiamando specifici precedenti, che l’uso di epiteti volgari, unitamente alle false accuse, esula dal diritto di critica anche aspra in quanto si riduce ad una ingiustificata lesione sul piano morale del datore di lavoro che è estranea dai limiti di correttezza formale e sostanziale.

Avv. Nicoletta Di Lolli

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