Con la sentenza 7337 del 19 Marzo 2024, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione si pronunciano sulla dibattuta questione inerente la possibilità di applicare l’art. 108, co. 2 l. fall. alla vendita effettuata dal curatore fallimentare in esecuzione di un contratto preliminare di compravendita, registrato anteriormente alla sentenza dichiarativa di fallimento.
Il caso trae origine dal reclamo proposto da una società, cessionaria di un credito garantito da ipoteca, contro il decreto del giudice delegato al fallimento che dopo aver autorizzato il curatore ad adempiere gli obblighi derivanti da un contratto preliminare di compravendita, con data anteriore al fallimento, aveva ulteriormente disposto la cancellazione dei gravami esistenti sull’immobile.
La società reclamante sosteneva che l’esecuzione del contratto preliminare di compravendita ad opera del curatore in luogo del soggetto fallito fosse atto avente esclusiva natura privatistica, non ascrivibile nell’alveo della vendita forzata, pertanto lamentava l’applicazione dell’art. 108, co. 2, l. fall. a norma del quale “per i beni immobili e gli altri beni iscritti in pubblici registri, una volta eseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo, il giudice delegato ordina, con decreto, la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo”.
Il Tribunale adito respingeva il reclamo richiamando una precedente giurisprudenza di Cassazione (Cass. Sez. 1 n. 3310-17), secondo la quale “la vendita ex art. 72, ultimo comma, legge fall., sebbene attuata con forme privatistiche, rimane una vendita fallimentare” dal momento che la stessa si inerisce comunque all’interno della procedura concorsuale, prescinde dalla volontà del soggetto fallito e viene posta in essere dal curatore quale organo della procedura.
La questione oggetto di precedente contrasto e ritenuta della massima importanza, tanto da essere deferita alle Sezioni Unite, si sostanzia nella possibilità di applicare l’art. 108 co. 2 l. fall. non solo alla vendita competitiva tramite asta ma anche ad una vendita realizzata secondo forme contrattuali.
Dunque, nella sentenza in commento, la Suprema Corte si trova a dirimere i due seguenti indirizzi interpretativi: (i) il primo secondo cui una vendita fallimentare ancorché “attuata nelle forme contrattuali e non tramite esecuzione coattiva” rientrerebbe nell’ambito applicativo dell’art. 108, co. 2, l. fall., con conseguente possibilità di cancellazione di tutti i gravami ad opera del giudice (ii) il secondo indirizzo secondo cui è inapplicabile l’art. 108, co. 2, l. fall. nelle vendite realizzate in assenza di una procedura su base competitiva, aperta alla generalità dei potenziali acquirenti, quindi finalizzata al conseguimento del miglior prezzo di vendita per il bene facente parte dell’attivo.
Ebbene, la Suprema Corte, dopo aver puntualmente circoscritto l’ambito di operatività e chiarito la ratio dell’art. 72 co. 8 e dell’art. 108, co. 2, l. fall., risolve il contrasto affermando che il potere purgativo del giudice (previsto dell’art. 108, co. 2, l. fall.) è strettamente connesso alle sole vendite effettuate secondo le modalità previste dall’articolo 107 l. fall. che rispettano quindi i principi della competitività, trasparenza, massima informazione e partecipazione da parte degli interessati.
Al contrario - dice la Corte - è da escludere che il potere purgativo possa essere “esercitato dal giudice delegato nei diversi casi in cui il curatore agisca nell’ambito dell’art. 72, ultimo comma, legge fall. quale semplice sostituto del fallito, nell’adempimento di obblighi contrattuali da questo assunti con un preliminare di vendita”.
Infatti, il potere purgativo del giudice trova la sua giustificazione proprio nella vendita effettuata coattivamente e non in ogni vendita che viene espletata all’interno della procedura concorsuale in forza di obblighi negoziali.