Crisi d’impresa e reato di bancarotta

Crisi d’impresa e reato di bancarotta
Con la sentenza n. 1296 del 13 gennaio 2025 la Sezione VI penale della Corte di Cassazione si è pronunciata con riferimento alla valenza quale elemento costitutivo del reato di bancarotta della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale.

La materia concorsuale è attualmente disciplinata dal decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, recante il “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155”, che ha dedicato alle disposizioni penali il Titolo IX (“Disposizioni penali”).

Il reato di bancarotta fraudolenta è previsto dall’art. 322 del Codice, il quale - ponendosi in continuità dispositiva con la disciplina di cui al previgente art. 216 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. Legge fallimentare) - punisce con la pena della reclusione da tre a dieci anni l’imprenditore, nei cui confronti sia stata dichiarata l’apertura della liquidazione giudiziale, che «ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti» (art. 322, co. 1, lett. a) o che «ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari» (art. 322, co. 1, lett. b).

Il primo comma della disposizione de qua prevede due distinte fattispecie delittuose ovvero la bancarotta fraudolenta c.d. patrimoniale (c.d. bancarotta fraudolenta in senso stretto) e la bancarotta fraudolenta c.d. documentale: il legislatore mira a tutelare, nella prima ipotesi, il patrimonio sociale da eventuali atti depauperatori posti in essere a danno dei creditori e, nella seconda ipotesi, l’esatta conoscenza del patrimonio del debitore da parte dei creditori.

Come chiarito dai Giudici di legittimità, nella vigenza del precedente regime concorsuale la dichiarazione di fallimento, la quale «aveva la specifica funzione di accertare in via definitiva la esistenza degli estremi per l’apertura del procedimento concorsuale», rappresentava un «elemento costitutivo dei reati di bancarotta», peraltro, «insindacabile in sede penale»; nella vigenza dell’attuale regime normativo, invece, «presupposto dei reati di bancarotta (artt. 322 del codice) è divenuta la sentenza che dichiara aperta la “liquidazione giudiziale” con la quale, accertato lo stato di insolvenza, viene privato il debitore dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti (art. 142 del codice)»; «l’elemento comune ad entrambe le discipline penali, se pur diversamente denominato, è l’accertamento giudiziale dello stato di insolvenza».

Avv. Rossana Mininno

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