
Con l’ordinanza n. 28413 del 5 novembre 2024 la Corte di Cassazione si è pronunciata con riferimento al regime applicativo degli interessi moratori previsti dal d.lgs. n. 231/2002 per il caso di ritardato adempimento di obbligazioni pecuniarie rientranti nell’ambito di transazioni commerciali.
Secondo la Suprema Corte “In caso di ritardo nell’adempimento di obbligazioni pecuniarie nell’ambito di transazioni commerciali, il creditore ha diritto agli interessi moratori ai sensi degli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 231 del 2002, con decorrenza automatica dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento, senza bisogno di alcuna formale costituzione in mora e senza necessità di specificare, nella domanda giudiziale, la natura e la misura degli interessi richiesti”.
La Corte di Cassazione ha sottolineato che la disciplina di cui al decreto legislativo n. 231 del 2002 ha una “portata innovativa […] rispetto a quella ordinaria quale desumibile dagli artt. 1219 e 1224 cod.civ.”: in tema di obbligazioni pecuniarie gli interessi “hanno fondamento autonomo rispetto al debito cui accedono e, pertanto, corrispettivi, compensativi o moratori che siano possono essere attribuiti, in applicazione degli artt. 99 e 112 cod.proc.civ., soltanto su espressa domanda della parte”, mentre l’applicabilità degli interessi moratori nella misura prevista dall’art. 5 del d.lgs. n. 231/2002 “discende ex lege dall’essere la prestazione pecuniaria cui essi accedono dovuta a titolo di corrispettivo di una transazione commerciale, “indipendentemente da una specifica richiesta del creditore””.
Come noto, il legislatore nazionale ha disciplinato la materia dei crediti commerciali con il decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, mediante il quale ha dato attuazione alla direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 giugno 2000 relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.
Come osservato dal normatore unionale, i ritardi nel soddisfacimento delle obbligazioni pecuniarie rivenienti da transazioni commerciali costituiscono una violazione contrattuale “finanziariamente attraente per i debitori nella maggior parte degli Stati membri per i bassi livelli dei tassi degli interessi di mora” (considerando 16), ritardi di pagamento che, conseguentemente, rendono necessari interventi di carattere dissuasivo.
Lo strumento rimediale cui è ricorso il legislatore nazionale è consistito nel riconoscimento, a favore del creditore, del “diritto alla corresponsione degli interessi moratori sull’importo dovuto” (art. 3 d.lgs. n. 231/2002), interessi che “decorrono, senza che sia necessaria la costituzione in mora, dal giorno successivo alla scadenza del termine per il pagamento” (art. 4 d.lgs. n. 231/2002).