Licenziamento per superamento periodo di comporto

Licenziamento per superamento periodo di comporto
Cos'è il periodo di comporto

Per periodo di comporto si intende il periodo di tempo durante il quale un lavoratore, assente per malattia o infortunio, conserva il proprio diritto al mantenimento del posto di lavoro.

L'articolo 2110 cc dichiara che, in caso di infortunio o di malattia, il datore di lavoro ha diritto di recedere dal contratto, a norma dell'art. 2118 cc, decorso il periodo stabilito dalla legge, dagli usi o secondo equità.

Il periodo di comporto è disciplinato dalla contrattazione collettiva che ne indica la durata e la natura.

Recesso per superamento periodo di comporto

Il licenziamento per superamento del periodo di comporto è un'ipotesi di recesso distinta da quella del licenziamento per motivo oggettivo in quanto, una volta che è trascorso il periodo durante il quale il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro, il datore di lavoro può legittimamente esercitare il diritto di recesso, senza la necessità di fornire prova in ordine al giustificato motivo oggettivo, all'impossibilità sopravvenuta della prestazione lavorativa e all'impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni diverse (Cassazione, n. 1404/2012 nonché n. 12233/2013).

Deve tuttavia tuttaviarsi che al momento del superamento del periodo di comporto il rapporto di lavoro non deve considerarsi automaticamente estinto.

Il datore di lavoro, infatti, resta comunque libero di esercitare il diritto di recesso e, se lo fa, deve rispettare le forme prescritte dalla legge per il licenziamento.

Quando esercitare il diritto di recesso

Il licenziamento non deve necessariamente essere immediato al superamento del periodo di comporto ma può avvenire anche dopo la ripresa dell'attività lavorativa da parte del dipendente, purché resti il nesso di causalità tra il recesso e il superamento del periodo di comporto.

Infatti la ripresa dell'attività lavorativa da parte del dipendente non può essere considerata, di per sé, come rinuncia del datore di lavoro al suo diritto di recedere dal rapporto ai sensi dell'art. 2110 del codice civile (cfr. Cass. n. 16462/2015).

Solo a decorrere dal rientro in servizio del lavoratore, l'eventuale prolungata inerzia datoriale può essere oggettivamente sintomatica della volontà di rinuncia al licenziamento e può ingenerare un corrispondente affidamento in buona fede del dipendente sulla prosecuzione del rapporto (Cassazione n. 24739/2017).

In un eventuale giudizio, peraltro, è il lavoratore a dover dimostrare che l'intervallo temporale tra il superamento del periodo di comporto e la comunicazione di recesso abbia superato i limiti di adeguatezza e ragionevolezza, tanto che si possa dedurre la sussistenza di una volontà tacita del datore di lavoro di rinunciare alla facoltà di recedere dal rapporto.

Il datore di lavoro non può comunque procedere al licenziamento prima del superamento del periodo di comporto.

Come si calcola il periodo di trasporto?

Con riferimento al calcolo del periodo di comporto, per la Suprema Corte (sentenza n. 13816/2000), devono essere inclusi nel computo del periodo di comporto anche i giorni festivi o comunque non lavorativi (compresi quelli di fatto non lavorati, ad esempio per uno sciopero) che cade durante il periodo di malattia indicato dal certificato medico.

Di conseguenza, gli unici giorni che il lavoratore può legittimamente richiedere di non conteggiare nel periodo di comporto, sono quelli successivi al suo rientro in servizio, senza la possibilità di sottrarre al calcolo i giorni festivi (o non lavorativi) ricadenti in tale periodo.

Il lavoratore assente per malattia, in ogni caso, ha facoltà di domandare la fruizione delle ferie - maturate e non godute - allo scopo di sospendere il decorso del periodo di comporto, ma deve formulare l'istanza in epoca anteriore alla sua scadenza.

Non si può, in ogni caso, configurare un obbligo del datore di lavoro di accedere a un conto richiesta qualora il lavoratore abbia la possibilità di fruire di regolamentazioni legali o contrattuali che gli consentano di evitare la risoluzione del rapporto nell'ipotesi di superamento del periodo di comporto.

Quali assenze rientrano nel computo del periodo di comporto

Le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro oa malattia professionale, in quanto riconducibili alla nozione generale di infortunio o malattia contenuta nell'art. 2110 cc, sono normalmente computabili nel previsto periodo di conservazione del posto, mentre, affinché l'assenza per malattia possa essere detratta dal periodo di comporto, non è sufficiente che la stessa abbia un'origine professionale, ossia meravigliosamente fornita alla prestazione lavorativa, ma è necessario che, in relazione ad essa ed alla sua genesi, sussista una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 cc (cfr. anche Cass. n. 5413/2003 cit.; Cass. n. 22248/2004; Cass. n. 26307/2014; Cass. n. 15972/2017; Cass. n. 26498/2018).

 

Avv. Francesca Frezza

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