La tutelabilità autoriale dei lavori dell’ingegneria

La tutelabilità autoriale dei lavori dell’ingegneria
La legge sul diritto d’autore tutela i lavori di ingegneria attraverso l’attribuzione ai progettisti di due diritti connessi: il diritto di riproduzione ed il diritto ad un equo compenso. La tutela offerta ai progettisti è però stringente ed è legata al requisito imprescindibile di originalità della soluzione tecnica adottata all’interno del progetto ingegneristico.
I requisiti di tutelabilità

La legge sul diritto d’autore tutela i lavori di ingegneria, o di altri lavori analoghi, a patto che questi costituiscano “soluzioni originali di problemi tecnici”.

Per meglio comprendere la portata della tutela appare utile distinguere tra disegni, opere architettoniche e lavori di ingegneria: soltanto alle prime due categorie di opere è riconosciuto il sistema “ordinario” e più ampio di tutela che la legge sul diritto d’autore riserva alle opere di ingegno che possiedono carattere di novità e creatività.

La tutelabilità autoriale dei lavori dell’ingegneria è invece limitata a due diritti connessi al diritto d’autore, il diritto di riproduzione e il diritto ad un indennizzo/equo compenso a carico di coloro che eseguono il progetto tecnico senza il consenso dell’autore. Ne deriva che qualunque altro diritto patrimoniale - che esuli i diritti connessi sopra menzionati - non potrà essere accordato al progettista.

A differenza dei disegni e delle opere architettoniche – forme di espressione creative e indici della personalità dell’autore – un progetto ingegneristico risulta unicamente nell’insieme di indicazioni e disegni tecnici, la cui funzione principale è quella di guidare gli esecutori verso la realizzazione pratica dell’opera, attraverso l’applicazione di leggi tecnico-matematiche; si pensi a progetti dedicati alla realizzazione di opere edilizie e/o industriali.

Un lavoro ingegneristico – stante proprio la sua valenza puramente tecnica – sarà meritevole di tutela solo sul presupposto imprescindibile dell’originalità della soluzione adottata.

In altre parole, il contenuto tecnico-scientifico del progetto dovrà risolvere in modo nuovo problemi tecnici e, dunque, applicando regole nuove o aggiornate a problemi noti ovvero estendendo regole note a settori o applicazioni diverse rispetto a quelli abituali. Resteranno esclusi dalla tutela i progetti di lavori dell’ingegneria che costituiscono ordinaria applicazione di regole e principi di dominio comune.

A stemperare questo rigore è giunta la giurisprudenza la quale però, nel tempo, ha stabilito che anche un modesto miglioramento rispetto allo stato della tecnica potrà essere sufficiente ad integrare il requisito di originalità che la legge richiede per accordare tali diritti connessi agli autori di progetti ingegneristici.

Le formalità richieste per la sussistenza del diritto all’equo compenso

Sul diritto all’equo compenso si segnala che questo appare peraltro subordinato al rispetto di due formalità: l’apposizione di una riserva che avviene a seguito di presentazione, da parte del progettista, del proprio lavoro all’Ufficio della proprietà letteraria, artistica e scientifica di una dichiarazione, in doppio originale ed il deposito del progetto presso il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo con funzione di pubblicità verso terzi. Secondo autorevole dottrina, il diritto all’equo compenso sarebbe anche ammissibile -seppure in assenza delle suddette formalità- nell’ipotesi in cui il progettista abbia sufficienti elementi per dimostrare la malafede del terzo esecutore non autorizzato del progetto.

Una recente pronuncia della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 22381 del 6.9.2019, ha ribadito il carattere essenziale del requisito dell’originalità, escludendo sicuramente la sussistenza di diritti -anche di natura morale- nell’ipotesi in cui la realizzazione concreta del progetto da parte di terzi non autorizzati sia accompagnata da modifiche di carattere innovativo, a meno di apposita dimostrazione di un danno all’onore e alla reputazione che il progettista dichiari di aver subito a causa dell’utilizzo abusivo del proprio lavoro.

Conclusioni e casi prospettabili

Alla luce di quanto detto appaiono potenzialmente configurabili tre situazioni distinte.

In un primo caso, il progettista potrebbe aver stilato un lavoro senza aver adempiuto alle formalità richieste dalla legge; dinanzi ad un utilizzo indebito da parte di terzi, l’autore del lavoro ingegneristico potrà far valere unicamente il proprio diritto connesso di riproduzione e –sempre che la riproduzione sia pedissequa e non apporti elementi innovati al progetto tecnico.

In un secondo caso, il progettista potrebbe aver anche adempiuto alle formalità richieste dalla legge; di conseguenza, dinanzi ad un utilizzo e/o riproduzione indebita del progetto da parte di terzi non autorizzati, l’autore del lavoro potrà di agire nei confronti di questi facendo valere, oltre al diritto di riproduzione, anche il diritto all’equo compenso.

Infine, in una terza ipotesi, e nonostante il mancato adempimento delle formalità richieste per la sussistenza del diritto connesso all’equo compenso, il progettista potrà far valere anche quest’ultimo a carico di coloro che abbiano realizzato il progetto ingegneristico a scopo di lucro senza il suo consenso, dinanzi ad elementi probatori sufficienti a dimostrare la malafede degli esecutori materiali.

Avv. Maria Giorgia Mazzilli

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