La responsabilità degli ex soci di società estinta non sussiste qualora il bilancio finale della liquidazione non preveda la distribuzione di somme o beni agli stessi

La responsabilità degli ex soci di società estinta non sussiste qualora il bilancio finale della liquidazione non preveda la distribuzione di somme o beni agli stessi
Con l’Ordinanza n. 1249 del 18 gennaio 2025, la Seconda Sezione della Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi riguardo all’ipotesi di successione dei soci nei rapporti debitori già facenti capo alla società estinta, ribadendo il principio di diritto, ben espresso dall’articolo 2495 c.c., per cui i creditori sociali non soddisfatti si possono rifare sui soci solo nel limite di quanto questi hanno percepito in base al bilancio finale di liquidazione.

Il fatto in questione riguardava un risarcimento richiesto dai creditori di società cessata e cancellata dal registro delle imprese, rimasti insoddisfatti, nei confronti dagli ex soci della società estinta. La domanda veniva parzialmente accolta in primo grado. Il giudizio di appello ribaltava l’esito del primo grado. In particolare, il giudice di seconde cure sosteneva che: “dal bilancio finale della società si evinceva che non vi era stata alcuna distribuzione di somme in favore dei soci e che questi, in virtù dell’art. 2495 cod. civ., non avrebbero potuto essere ritenuti illimitatamente responsabili, con la conseguenza che la condanna nei loro confronti, contenuta nella sentenza di primo grado, andava revocata.

I creditori insoddisfatti avevano, al contrario, sostenuto il diritto del creditore sociale a vedere riconosciuto il proprio credito nei confronti degli ex soci con sentenza di condanna, a prescindere da eventuali valori percepiti da questi in sede di liquidazione e indipendentemente dalla circostanza che essi avessero goduto di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione: “in quanto l’assenza di ripartizione agli ex soci nel bilancio finale di liquidazione della società non esclude l’interesse, in ragione della natura dinamica dell’interesse ad agire, a procurarsi un titolo nei loro confronti, in relazione a possibili sopravvenienze attive, ovvero all’esistenza di beni e diritti non contemplati nel bilancio finale di liquidazione od anche solo, ad esempio, in funzione di escussione di garanzie”.

Per tali ragioni presentavano ricorso ai giudici di legittimità. La Sezione Seconda della Corte di Cassazione ha, tuttavia, respinto la domanda presentata dai ricorrenti, premettendo come, innanzitutto, l’art. 2495 c.c. permetta la cancellazione e l’estinzione di una società dal registro delle imprese anche se questa presenti ancora debiti verso terzi. L’obbligazione viene quindi trasferita ai soci, con un fenomeno di tipo successorio. Inoltre, “la mancata ripartizione di somme in assenza di attivo in bilancio non è circostanza che possa incidere né sulla legittimazione passiva dei soci - giacché non configura una condizione da cui dipende la possibilità di proseguire nei loro confronti l’azione originariamente intrapresa dal creditore sociale verso la società - né sull’interesse ad agire dei creditori”.

Piuttosto, i giudici della Suprema Corte hanno confermato che in caso di estinzione della società per cancellazione dal registro delle imprese, i creditori insoddisfatti si possono rifare sugli ex soci solo nel limite di quanto hanno percepito dalla liquidazione.

Avv. Andrea Bernasconi e Dott.ssa Lucrezia Uva

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