Il ruolo delle collecting societies e la tutela degli artisti apolidi: la sentenza Renato Zero e le sfide normative nel panorama musicale italiano

Il ruolo delle collecting societies e la tutela degli artisti apolidi: la sentenza Renato Zero e le sfide normative nel panorama musicale italiano
L’industria musicale è interessata da una radicale una trasformazione, determinata dalla crescente digitalizzazione e dall’impatto delle nuove tecnologie. Tale cambiamento, oltre a comportare innumerevoli sfide, determina la necessità di ridisegnare il ruolo degli organismi di gestione collettiva e, ancor prima, di definire in modo chiaro la relativa disciplina normativa, soprattutto in relazione al rapporto con i cd. artisti apolidi. Il tema ha recentemente raggiunto un importante punto di svolta con la sentenza, n. 10593/2024 del 8 dicembre 2024, con la quale il Tribunale di Milano ha condannato SCF, società di gestione collettiva dei diritti d’autore, alla restituzione di una rilevante somma a favore di Tattica S.r.l., etichetta indipendente legata al cantante Renato Zero. Questa sentenza mette in luce le complesse dinamiche di interazione tra le collecting e artisti indipendenti, aprendo la strada ad una possibile revisione delle pratiche di gestione collettiva dei diritti d’autore.

La rivoluzione innescata, in pressoché ogni ambito e disciplina, dal dirompente ingresso dei sistemi di intelligenza artificiale ed il loro largo utilizzo nell’industria creativa, sta ridefinendo in maniera radicale anche il panorama della produzione musicale, sollevando interrogativi complessi in merito alla tutela del diritto d’autore. In questo scenario, ci si interroga sul ruolo che le collecting societies assumeranno, non solo nella gestione e redistribuzione dei proventi derivanti dall’utilizzo delle opere dei propri mandanti, ma anche nell’elaborazione di nuove forme di tutela per gli artisti. Tuttavia, benchè il diritto d’autore sia tradizionalmente una delle branche del diritto più dinamiche e reattive alle innovazioni, la normativa che disciplina i rapporti di intermediazione tra autori e gli organismi di gestione collettiva è spesso lacunosa.

Un tema che continua a sollevare rilevanti questioni di equità e trasparenza è il funzionamento degli organismi di gestione collettiva e il relativo rapporto con gli artisti indipendenti. Come noto, le collecting societies, disciplinate dal d.lgs. n. 35/2017, sono strutture organizzative deputate alla gestione e alla distribuzione dei compensi spettanti agli artisti, attraverso la concessione in licenza e la raccolta dei proventi derivanti dallo sfruttamento delle loro opere. Tuttavia, l’affidamento di tali compiti resta una scelta esclusiva dei titolari dei diritti, che possono decidere di non iscrivervisi. L’autore che decida di gestire i propri diritti autonomamente, senza affidarsi alle collecting assume lo status di artista indipendente anche detto “apolide”. Tale scelta, sebbene espressione di autonomia gestionale, può esporre l’artista a situazioni di vulnerabilità e discriminazione rispetto agli artisti iscritti, anche in considerazione del fatto che, in base alla normativa vigente, il compito di raccogliere i compensi spettanti ai cd. artisti apolidi spetta alle collecting maggiormente rappresentative, in proporzione alla rappresentatività di ciascuna di essa. Benchè, la normativa vigente preveda forme di tutela per gli artisti indipendenti, la situazione rimane delicata ed è per questo che la cd. sentenza Renato Zero assume cruciale importanza.

La controversia oggetto della pronuncia trae origine dal trattenimento da parte di SCF del 19% dei compensi spettanti a Tattica S.r.l. per i diritti connessi alle opere di Renato Zero, a titolo di quota di aggio ai produttori apolidi, percentuale generalmente applicata dalle collecting ai propri mandanti. Nel caso di specie, tuttavia, Tattica, non aveva conferito alcun mandato per la gestione di tali diritti, di cui si occupa in autonomia. Il Tribunale di Milano era, dunque, tenuto a pronunciarsi circa la legittimità del trattenimento dai compensi spettanti a Tattica della quota di intermediazione. Il Tribunale pur riconoscendo come legittima l’attività di gestione svolta da SCF nell’interesse dei produttori fonografici non associati, assoggettandola alla relativa disciplina codicistica, ha dichiarato illegittimo il trattenimento della quota suindicata. Il giudice ha, dunque, ritenuto ingiustificabile il trattenimento dai proventi della percentuale di intermediazione, di solito applicata ai mandanti, ad un titolare di diritti connessi cosiddetti apolidi, definendo ingiustificabile l’imposizione di una commissione per la gestione dei diritti connessi, in assenza di un mandato esplicito. Il Tribunale di Milano, infatti, pur riconoscendo la presenza di tutti gli elementi tipici della gestione di affari, ha escluso che la percentuale di intermediazione rientrasse tra le spese ammissibili. Ciò in quanto, l’attività del gestore non prevede alcun compenso, essendo fondata sulla spontaneità e sul principio di solidarietà che caratterizzano l’interposizione gestoria. Nel riconoscere Tattica S.r.l. come «produttore fonografico apolide», il Tribunale ha condannato a SCF alla restituzione della somma di 145.000 euro.

Questa sentenza segna un punto decisivo per i diritti apolidi di produttori e artisti indipendenti, rappresentando un importante precedente, stabilendo che le collecting non possano imporre costi di intermediazioni senza aver ricevuto un mandato formale. Le implicazioni di questa decisione avranno un impatto significativo sui futuri rapporti tra collecting e apolidi, con effetti che si estenderanno ben oltre il singolo caso.

Avv. Arianna Serafini e Dott.ssa Lucrezia Uva

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