Secondo una recente sentenza del Tribunale di Catanzaro (sezione specializzata in materia di imprese, Sent. n. 1892 del 14.11.2023), conforme a recente e consolidata giurisprudenza nazionale, le ipotesi di esclusione di un socio devono avere il requisito della specificità, supportata dalla giusta causa, ovvero individuare preventivamente nell’atto costitutivo le condotte che giustifichino l’esclusione.
Il caso
La pronuncia di cui sopra - emessa in un caso di impugnazione della delibera di esclusione di una società adottata dall’assemblea dei soci di un Consorzio - è l’occasione per chiarire il dettato dell’art. 2473-bis cod. civ. (Esclusione del socio) a norma del quale “L’atto costitutivo può prevedere specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa del socio”.
I requisiti per l’esclusione
Sulle specifiche ipotesi:
la riforma del diritto societario, attuata come noto con D.Lgs n.6/2003, ha previsto la possibilità di esclusione del socio nelle ipotesi specifiche indicate nell’atto costitutivo. Ne consegue che, ai fini della legittimità dell’esclusione del socio, devono ricorrere due circostanze, ovvero: 1) che l’atto costitutivo predetermini, in modo specifico, espresso e tassativo, le cause di esclusione e 2) che tali ipotesi convenzionali siano riconducibili a “giusta causa”.
Ne consegue che nelle società a responsabilità limitata non è sufficiente che venga meno l’affectio societatis, al fine di risolvere il vincolo sociale limitatamente ad un socio a mezzo di delibera assembleare adottata dalla maggioranza, bensì occorre un’apposita previsione statutaria che lo preveda e lo consenta.
Nel caso di specie, è stata pertanto ritenuta generale e generica, e non integrante i requisiti di cui all’art. 2743-bis cod. civ., la previsione statutaria che prevedeva, quali cause di esclusione, l’ipotesi che il socio “si sia reso colpevole di gravi inadempienze alle norme dello Statuto” o “si sia reso inadempiente agli obblighi sanciti dallo Statuto medesimo”, in quanto non individuanti in alcun modo le condotte soggettive che giustifichino l’esclusione del socio.
Ed infatti il canone della specificità da un lato esige una tipizzazione dei casi di esclusione, mediante l’individuazione di specifici accadimenti determinati e atti a definire con chiarezza le singole condotte giustificative dell’adozione del provvedimento di esclusione, onde evitare abusi dell’istituto dell’esclusione del socio da parte della maggioranza societaria, dall’altro risponde ad un’esigenza di prevedibilità di tutte le ipotesi al ricorrere delle quali si può produrre il fatto dell’estromissione.
La giurisprudenza ritiene, quindi, che il legislatore della riforma consente di introdurre nello statuto la previsione di eventi che da quella singola società siano “a priori” considerati elementi di gravi turbativa per l’ordinato sviluppo della propria attività e perciò legittimanti l’allontanamento del socio dalla collettività.
Sulla giusta causa:
la giusta causa di esclusione deve essere espressamente individuata e indicata come tale dai soci nell’atto costitutivo o nello statuto, proprio al fine di evitare che la decisione di esclusione possa di volta in volta essere riempita con una valutazione discrezionale della maggioranza (Trib. Milano, 23.7.2105; Trib. Roma, 6.10.2015).
Conseguenze
Ne consegue che, al di fuori di tali ipotesi, il singolo rapporto sociale non sarà mai unilateralmente risolvibile per decisione maggioritaria e che le relative delibere debbano essere annullate in quanto rese in esecuzione di clausole nulle, ovvero in contrasto con il dettato dell’art. 2473-bis cod. civ..
In merito all’onere probatorio, si statuisce che sia la società che ha deliberato l’esclusione del socio che deve provare i fatti posti a fondamento dell’atto, a sostegno della legittimità dell’interruzione del rapporto societario.