Avv. Daniele Franzini
L’istituto della conversione del pignoramento è finalizzato a favorire la liberazione dei beni del debitore dal vincolo, ma non può alterare la par condicio tra i creditori.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 411 del 13 Gennaio 2020.
Nel caso sottoposto all’esame della Corte, il debitore sottoposto a procedura esecutiva aveva fatto richiesta di conversione del pignoramento ai sensi dell’art. 495 c.p.c.. Successivamente, nella procedura era intervenuto un creditore, il cui credito era stato poi preso in considerazione dal giudice dell’esecuzione ai fini della conversione. Pertanto, il debitore esecutato aveva proposto opposizione, sostenendo che l’intervento fosse tardivo.
Dopo il rigetto dell’opposizione da parte del Tribunale di Viterbo, il debitore proponeva dunque ricorso per Cassazione.
Gli ermellini, con l’ordinanza in esame, hanno dichiarato il ricorso manifestamente infondato, ribadendo il principio secondo cui “nella determinazione delle somme dovute per la conversione del pignoramento, si deve tenere conto anche dei creditori intervenuti successivamente all'istanza, fino all'udienza in cui il giudice provvede (ovvero si riserva di provvedere) sulla stessa con l'ordinanza di cui all'art. 495, terzo comma, c.p.c.”.
La conversione del pignoramento, sostiene la Corte, è infatti uno strumento integralmente satisfattivo delle ragioni dei creditori, e deve tener conto anche del credito intervenuto in un secondo tempo nella procedura.
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