Contratto di conto corrente: in presenza di eccezione di prescrizione della banca è onere del correntista provare la natura delle rimesse

Contratto di conto corrente: in presenza di eccezione di prescrizione della banca è onere del correntista provare la natura delle rimesse
“In presenza di eccezione di prescrizione della banca, è onere del correntista, attore in ripetizione dell’indebito, allegare e provare l’esistenza di un contratto di apertura di credito in conto corrente, che consenta di qualificare come non già solutorie, bensì meramente ripristinatorie della provvista, le rimesse effettuate entro i limiti dell’affidamento”. Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Sez. civile, 18 gennaio 2022, con sentenza n. 1388.
Rimesse solutorie, rimesse ripristinatorie e prescrizione

Si identificano, senz’altro, come versamenti solutori quei pagamenti effettuati dal correntista su conto al passivo, oppure destinati a ripianare un passivo già esistente, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2033 CC, mentre si definiscono ripristinatori quei versamenti definiti tali solo alla chiusura del rapporto di conto corrente ed effettuati al fine di ripristinare il saldo attivo e dunque poter accedere nuovamente al credito bancario.

Di talchè, nel primo caso, secondo ormai consolidata giurisprudenza (ex multis, Cass. Civ. Sent. 29411/2020) il termine decennale di prescrizione decorrerà dal singolo versamento, e dunque la qualificazione delle rimesse come solutorie sarà rilevante onde determinare il dies a quo del termine di prescrizione dell’azione di ripetizione, mentre nel secondo il termine di decorrenza della prescrizione decorrerà dalla data della chiusura del conto.

La pronuncia in commento interviene in proposito, deducendo che, a fronte dell’eccezione di prescrizione sollevata della banca, è onere del correntista, che abbia esperito azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito, provare la sussistenza di un contratto di apercredito in conto corrente e dunque consentire al Giudice di qualificare le rimesse come ripristinatorie della provvista; d’altro canto, precisa la Corte “Né è corretta in diritto l’affermazione della sussistenza di una presunzione del carattere non solutorio, bensì meramente ripristinatorio, di tutte le rimesse affluite in un conto corrente che presenti un saldo passivo per il correntista”.

Avv. Michela Chinaglia e Dott.ssa Micol Marino

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