In caso di contitolarità del brevetto, lo sfruttamento dell'invenzione richiede il consenso unanime di tutti i contitolari

In caso di contitolarità del brevetto, lo sfruttamento dell'invenzione richiede il consenso unanime di tutti i contitolari
La Corte di Cassazione è tornata a esprimersi, dopo lungo tempo, in materia di contitolarità di brevetti, chiarendo che lo sfruttamento dell’invenzione non può avvenire liberamente da parte di ciascun contitolare e che è sempre richiesto il consenso dell’altro o degli altri contitolari. Una sentenza che costituisce un nuovo riferimento nel complicato rapporto tra esclusiva brevettuale e disciplina della comunione.

Il Caso

Con la sentenza n. 4131 del 18.12.2025, la Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi in materia di comunione brevettuale; istituto la cui disciplina ha suscitato significativi dubbi interpretativi, stante la scarsità di riferimenti normativi e giurisprudenziali. L’occasione è stata fornita da un contenzioso instaurato tra due società operanti nel settore della pesca sportiva, contitolari di un brevetto per un fucile da pesca subacquea innovativo. In particolare, il conflitto è sorto nel momento in cui una delle due imprese ha avviato forme di sfruttamento unilaterale del brevetto dopo la risoluzione dell’accordo contrattuale che regolava proprio i rapporti tra le due società rispetto alla privativa brevettuale.

Lo (scarno) quadro normativo di riferimento

Fondamentale punto di riferimento normativo in materia è dato dal’art. 6 del Codice della Proprietà Industriale (CPI) ai sensi del quale, in assenza di patti contrari, la contitolarità di un diritto industriale è disciplinata dalle norme sulla comunione del Codice Civile. Alla luce di tale disposizione, occorre guardare all’art. 1102 c.c., che stabilisce che ciascun partecipante alla comunione può servirsi della cosa comune, purché: i) non ne alteri la destinazione e ii) non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

Considerando tali due elementi, si comprende bene la complessa questione che emerge quando il bene in comune è costituito da un brevetto, ovvero un titolo che conferisce “monopolio” temporaneo di sfruttamento di un trovato, per un periodo di tempo limitato, e che si concretizza quindi nel diritto di escludere gli altri dalla possibilità di utilizzarlo e disporne.

Un precedente ormai risalente nel tempo

La Cassazione si era già pronunciata, in un passato ormai remoto, sulla stessa materia. In particolare, con sent. n. 5281/2000, la Suprema Corte aveva statuito che “con la maggioranza dei due terzi si può provvedere alla necessità di dare in licenza che non superi i nove anni il brevetto comune, oppure si può decidere di sfruttare direttamente il brevetto da parte della stessa maggioranza dando alla minoranza residua il controvalore dei suoi diritti di sfruttamento, in quota”,

La nuova pronuncia della Cassazione

Con la nuova pronuncia, invece, la Corte ha chiarito che il contitolare di un brevetto non può procedere unilateralmente al suo sfruttamento industriale senza il consenso degli altri. La motivazione poggia sulla natura stessa del brevetto, la cui tutela garantisce un’esclusiva che verrebbe alterata qualora un solo soggetto potesse esercitare autonomamente i diritti connessi alla privativa.

Richiamando l’art. 1102 c.c., la sentenza ha evidenziato che lo sfruttamento individuale di un brevetto comune ne altera la destinazione, in quanto riduce il valore che la protezione brevettuale assicura quando è gestita in modo collegiale. In altre parole, l’utilizzo esclusivo da parte di un solo contitolare non solo pregiudica gli altri comproprietari, ma incide negativamente sul valore del brevetto stesso. Per tali ragioni, secondo la Cassazione: “qualsiasi atto di sfruttamento economico del brevetto richiede il consenso unanime di tutti i contitolari”.

Possibili riflessi sulla comunione del marchio

Il provvedimento in esame è meritevole di attenzione per un’ulteriore ragione. Infatti, con ogni probabilità, la disciplina individuata dalla Suprema Corte rispetto alla comunione brevettuale verrà estesa in via analogica alla disciplina del marchio cointestato. Anche rispetto a tale istituto, infatti, si sono registrate del tutto analoghe incertezze di disciplina, con la conseguenza che l’auspicata chiarificazione offerta dalla Cassazione potrà riverberarsi anche su altri profili del diritto industriale.

Avv. Stefano Leanza

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