Assegni contraffatti e responsabilità della banca negoziatrice

Assegni contraffatti e responsabilità della banca negoziatrice
Con la sentenza n. 7156, pubblicata in data 1° dicembre 2025, la Quarta Sezione civile della Corte d’Appello di Roma si è pronunciata sui criteri di individuazione dello sforzo di diligenza richiesto alla banca negoziatrice in sede di presentazione all’incasso di un assegno non trasferibile da parte di un soggetto rivelatosi, successivamente, diverso dall’effettivo beneficiario.

I Giudici della Corte distrettuale hanno chiarito che l’indagine finalizzata all’affermazione della responsabilità della banca negoziatrice non può prescindere dalla “rilevabilità delle alterazioni dei documenti di identità e degli assegni”, essendo questo “l’unico aspetto” idoneo a radicare la detta responsabilità e “non la verificazione sulla corrispondenza dei nominativi degli originari intestatari/beneficiari con i nominativi dei soggetti presentati per l’incasso, che spetta invece alla banca trattaria che quegli assegni ha emesso”. Ne discende che nell’ipotesi in cui non sia stato allegato, né provato che gli assegni presentati per l’incasso o i documenti di identità dei soggetti presentatori fossero “visibilmente alterati o contraffatti” alla banca negoziatrice non può essere “richiesto di adottare maggiori cautele o richiedere informazioni, trattandosi di condotta esigibile soltanto in presenza di elementi sospetti e anomali” (Corte App. Roma n. 7156/2025 cit.).

Come noto, la responsabilità della banca negoziatrice, la quale abbia - in violazione delle regole poste dall’articolo 43 della Legge assegni - pagato un assegno, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità a persona diversa dal legittimo beneficiario, è di natura lato sensu contrattuale da contatto sociale qualificato (cfr. Cass. civ., Sez. Un., 26 giugno 2007, n. 14712).

In termini più generali, il modello - di conio pretorio - della responsabilità da contatto sociale qualificato “si basa sulla trasposizione della disciplina della responsabilità da inadempimento di un’obbligazione contrattuale in contesti relazionali, che evidenzino la sussistenza di un rapporto qualificato tra più soggetti, ancorché in assenza di contratto” (Cass. civ., Sez. III, 30 ottobre 2025, n. 28758): “[i]l fattore che assume carattere qualificante la relazione, pur non formalizzata contrattualmente, è l’affidamento che essa ingenera, dal quale discendono obblighi di protezione o di diligenza, la cui violazione comporta responsabilità, anche in assenza di un obbligo primario di prestazione” (Cass. n. 28758/2025 cit.).

Nel caso della banca negoziatrice la riconduzione della responsabilità al modello da contatto sociale qualificato è giustificata dall’affidamento che gli interessati ripongono nel puntuale e diligente espletamento dei compiti inerenti al servizio bancario: tale affidamento comporta l’insorgenza a carico della banca negoziatrice di uno specifico obbligo professionale di protezione, operante “nei confronti di tutti i soggetti interessati alla regolare circolazione del titolo ed al buon fine della sottostante operazione” (Cass. n. 14712/2007). Obbligo la cui violazione comporta una responsabilità (non aquiliana, ma) lato sensu contrattuale, per cui, “al fine di sottrarsi alla responsabilità, la banca è tenuta a provare di aver assolto alla propria obbligazione con la diligenza dovuta, che è quella nascente, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, cod. civ., dalla sua qualità di operatore professionale, tenuto a rispondere anche in ipotesi di colpa lieve” (Cass. civ., Sez. I, 15 luglio 2024, n. 19342).

Il soggetto danneggiato che intenda ottenere il risarcimento del danno derivato dal pagamento dell’assegno non trasferibile a soggetto diverso dal legittimo beneficiario è tenuto a dimostrare, sulla base, da un lato, delle regole generali in materia di responsabilità da inadempimento e, dall’altro, della specifica diligenza professionale richiesta alla banca negoziatrice (bonus argentarius), che quest’ultima non ha adottato tutte le cautele e gli accorgimenti suggeriti dalle circostanze del caso concreto, con la conseguenza che - come ritenuto dalla Corte d’Appello di Roma - in assenza di “elementi sospetti e anomali” (quali, a titolo esemplificativo, un assegno o un documento di identità “visibilmente” alterato o contraffatto), rilevabili ictu oculi all’atto della negoziazione del titolo (ad esempio, mediante un attento esame visivo o tattile dell’assegno), non può essere pretesa l’adozione, da parte della banca negoziatrice, di “maggiori cautele” nell’identificazione del soggetto presentatore dell’assegno e nella verifica della corrispondenza del medesimo con l’effettivo beneficiario dell’assegno (Corte App. Roma n. 7156/2025 cit.).

Avv. Rossana Mininno

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