Avv. Daniele Franzini
Nei rapporti bancari, gli interessi corrispettivi e quelli moratori contrattualmente previsti devono essere corrisposti al ricorrere di presupposti diversi ed antitetici, giacché i primi costituiscono la controprestazione del mutuante e i secondi hanno natura di clausola penale, in quanto costituiscono una determinazione convenzionale preventiva del danno da inadempimento. Essi, pertanto, non si possono fra loro cumulare.
Tuttavia, qualora il contratto preveda che il tasso degli interessi moratori sia determinato sommando al saggio degli interessi corrispettivi previsti dal rapporto un certo numero di punti percentuale, è al valore complessivo risultante da tale somma, non ai soli punti percentuali aggiuntivi, che occorre avere riguardo al fine di individuare il tasso degli interessi moratori effettivamente applicati.
Lo ha stabilito la III Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 26286 pubblicata il 17 ottobre 2019.
La Corte, inoltre, ha ribadito il principio secondo cui “anche gli interessi convenzionali di mora, al pari di quelli corrispettivi, sono soggetti all’applicazione della normativa antiusura, con la conseguenza che, laddove la loro misura oltrepassi il cd. “tasso soglia” previsto dall’art. 2 della legge 7 marzo 1996, n. 108, si configura la cosiddetta usura “oggettiva” che determina la nullità della clausola ai sensi dell’art. 1815, secondo comma, c.c. (…)”.
Per quanto riguarda, invece, la validità e gli effetti della cd. “clausola di salvaguardia”, la Suprema Corte ha ritenuto fondato il motivo dedotto dal ricorrente ed ha criticato la posizione di valenza “dirimente” attribuita dal Tribunale a tale clausola.
Infatti, la Corte, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, c.p.c., ha affermato il principio di diritto secondo cui “In tema di rapporti bancari, l’inserimento di una clausola di salvaguardia, in forza della quale l’eventuale fluttuazione del saggio di interessi convenzionale dovrà essere comunque mantenuta entro i limiti del cd. “tasso soglia” antiusura previsto dall’art. 2, comma 4, della legge n. 108 del 1996, trasforma il divieto legale di pattuire interessi usurari nell’oggetto di una specifica obbligazione contrattuale a carico della banca, consistente nell’impegno di non applicare mai, per tutta la durata del rapporto, interessi in misura superiore a quella massima consentita dalla legge. Conseguentemente, in caso di contestazione, spetterà alla banca, secondo le regole della responsabilità ex contractu, l’onere della prova di aver regolarmente adempiuto l’impegno assunto”.
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