Telemarketing: il Garante Privacy sanziona Eni Plenitude per oltre 6 milioni di euro

Telemarketing: il Garante Privacy sanziona Eni Plenitude per oltre 6 milioni di euro
Il telemarketing continua ad essere oggetto dei provvedimenti del Garante Privacy: lo scorso 6 giugno è stata irrogata una sanzione ad Eni Plenitude pari a euro 6.419.631 per chiamate promozionali effettuate in assenza di idonea base giuridica e in forza di inadeguati controlli sui contratti acquisiti tramite contatti illeciti.

Istruttoria e relativo esito

Il procedimento in commento trae origine dall’istruttoria avviata dal Garante per la Protezione dei Dati Personali (di seguito, anche il “Garante” o l’“Autorità”) successivamente alla ricezione di 108 segnalazioni e 7 reclami da parte di una serie di interessati che lamentavano chiamate promozionali indesiderate effettuate da Eni Plenitude s.p.a. (di seguito, anche “Eni” o la “Società”) in assenza di un consenso  oppure utilizzando illecitamente numeri iscritti al Registro Pubblico delle Opposizioni (“RPO”).

Durante lo svolgimento dell’attività istruttoria, il Garante, oltre a richiedere informazioni ad Eni rispetto alle succitate doglianze, richiedeva, altresì, di fornire un elenco delle proposte di acquisto provenienti dalla propria rete di vendita che avessero determinato l’attivazione di servizi energetici nel periodo dal 6 marzo 2023 al 13 marzo 2023, comprensive dell’indirizzo IP delle postazioni dalle quali era stato effettuato il caricamento delle proposte contrattuali.

Sul punto, la Società rappresentava che il 71% delle telefonate in questione fosse da imputarsi a “chiamate sospette di terzi” ed ulteriormente rilevava che le liste di utenti prospect fossero oggetto di verifica presso il RPO prima dell’avvio di ciascuna campagna e ogni 14 giorni. Rispetto alla richiesta riferibile agli indirizzi IP, Eni rilevava che, al momento della notifica della richiesta di informazioni, tale tipologia di dato non fosse oggetto di tracciamento.

Occorre aggiungere che il Garante sottoponeva una richiesta di informazioni anche alla Fondazione Ugo Bordoni – che gestisce il RPO – al fine di verificare l’eventuale iscrizione delle numerazioni oggetto di telemarketing da parte di Eni nel periodo febbraio-marzo 2023. Risultavano iscritte n. 746 utenze telefoniche, pari a poco più del 7 % del numero totale dei contatti telefonici che hanno determinato l’attivazione del servizio nel periodo di riferimento.

Difese di Eni e osservazioni dell’Autorità

Per dovere di sinteticità, si ritiene utile soffermarsi sull’aspetto probabilmente più interessante del provvedimento in commento: le differenti “vedute” dell’Autorità e della Società espresse in tema di consultazione del RPO.

In particolare, Eni, successivamente alla proposizione di una serie di eccezioni preliminari, in punto di merito rilevava che “non tutte le numerazioni devono essere previamente verificate con il RPO, ma che tale necessità dipende dal target di riferimento (clienti, potenziali clienti, ex clienti) e dal canale di vendita utilizzato”. In dettaglio, stando a quelle che sarebbero state le difese della Società – riassunte nel provvedimento – Eni avrebbe rappresentato che, in caso di campagne promozionali rivolte a potenziali clienti e svolte mediante il canale teleselling outbound, le liste di contattabilità sarebbero sempre verificate preventivamente presso il RPO, fatta eccezione per le campagne di “co-marketing”, “che vengono effettuate nei confronti dei clienti dei partner commerciali di Eni Plenitude sulla base di uno specifico consenso fornito ai partner dai propri clienti”. Nell’ambito dei canali comparatore e web assistito, caratterizzati dalla diversa circostanza per cui è il potenziale cliente stesso a richiedere il contatto telefonico (“lead caldi”), tale consultazione preventiva non avrebbe luogo. In via analoga, il RPO non sarebbe consultato nell’ambito delle campagne promozionali rivolte a ex clienti, effettuate in outbound, e rivolte ai clienti cessati da meno di 30 giorni, invece; tanto alla luce del consenso rilasciato nell’ambito del rapporto contrattuale ai sensi dell’art. 1, comma 5 della Legge n. 5/2018. 

Smentendo le argomentazioni della Società, il Garante rappresentava, in primo luogo, che il predetto articolo invocato da Eni potrebbe trovare applicazione solo laddove fossero implementato le prescritte modalità semplificate per consentire l’agevole revoca di tali consensi. Modalità che l’Autorità non ravvisava nel caso di specie. Ancora, a mente del Garante:

-    rispetto alle campagne di co-marketing, si verificherebbe una prassi per cui il contatto telefonico è effettuato da un soggetto che agisce dapprima in qualità di responsabile del trattamento della società partner e poi, in caso di interesse all’offerta, in qualità di responsabile del trattamento per Eni Plenitude, risolvendosi “di fatto in un’espediente invocato per eludere le disposizioni dell’art. 130 del Codice e degli artt. 5 e 6 del Regolamento, nonché dell’obbligo di consultare il RPO prima di effettuare una campagna di marketing”;

-    rispetto al ricontatto dei cc.dd. lead caldi, la Società confonde “l’interesse precontrattuale all’offerta con il conferimento di un vero e proprio consenso al trattamento per finalità di marketing”, con l’ulteriore conseguenza che se si legittimasse tale prassi (i.e. possibilità di ricontatto entro 15 giorni senza necessità di consultare il RPO) l’interessato rimarrebbe privo di tutela perché non potrebbe revocare il consenso marketing - mai prestato – né con istanza presentata direttamente nei confronti del titolare, né mediante l’iscrizione al RPO.

In forza di tali circostanze, il Garante, ribadendo l’illiceità (in particolar modo per assenza della relativa base giuridica) rappresentava che con riferimento ai 747 contatti effettuati nell’arco della cd. “settimana campione” presa in analisi, “devono ritenersi effettuati illegittimamente almeno i seguenti 657: • 381 numerazioni sono state contattate tramite il canale comparatori sulla base dei consensi espressi rilasciati sui portali; • 179 numerazioni sono state contattate mediante il canale web assistito; • 80 numerazioni sono state contattate nell’ambito di campagne rivolte alla clientela sulla base di consensi rilasciati nell’ambito dei rapporti contrattuali; • 17 numerazioni sono state contattate nell’ambito di campagne di co-marketing”.

Sanzione e conclusioni

Alla luce delle complessive violazioni riscontrate – che, si precisa, accorpavano anche ulteriori profili di contestazione, ad esempio in tema di carenze nel controllo e monitoraggio svolto sulle agenzie e sulle sub-agenzie- l’Autorità irrogava una sanzione ad Eni di importo pari a euro 6.419.631, coincidente con il 2% del massimo edittale. Veniva, inoltre, imposto alla Società l’obbligo di comunicazione degli esiti del procedimento a tutti gli interessati contattati illecitamente e di predisposizione di controlli per evitare che i contratti in questione fossero acquisiti al patrimonio di Eni.

Come accennato in precedenza, il provvedimento in commento risulta senz’altro utile al fine di comprendere l’orientamento assunto dall’Autorità circa alcune delle inevitabili “zone grigie” connesse alla concreta applicazione del RPO; in ogni caso, sembrerebbe tuttora “aperta” la questione attinente al ricontatto dei cc.dd. “lead caldi” in un arco temporale inferiore ai 15 giorni prospettati da Eni (e presi in esame dal Garante nel caso di specie), che potrebbe essere, ad esempio, immediato e/o eseguito nell’arco di un paio di giorni.

Avv. Pietro Maria Mascolo e Dott.ssa Silvia Mazzarella

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