Risoluzione degli ordini di acquisto

Risoluzione degli ordini di acquisto
Avv. Daniele Franzini A fronte dell'inadempimento dell'intermediario degli obblighi imposti dalla legge, l'investitore, contraente non inadempiente, può agire per la sola risoluzione dei singoli ordini di investimento nei quali il detto inadempimento si è consumato, fermo restando il necessario riscontro che trattasi, in concreto, di inadempimento di non scarsa importanza rispetto all'ordine per il quale si è verificato. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12937 del 23 maggio 2017. In particolare, la questione sulla quale si è espressa la Corte attiene alla possibilità che una richiesta risolutoria (come espressamente formulata nella relativa direzione) possa comportare la caducazione dei soli ordini a cui, nello specifico, la stessa viene a riferirsi, lasciando così in essere il contratto quadro, nel caso non interessato dalla richiesta di risoluzione; come pure lasciando fermi e integri nella loro esecuzione gli altri ordini di investimento che, per ipotesi, fossero stati effettuati e che non vengano investiti dalla domanda risolutoria, che nel concreto risulti articolata. La Corte, nel richiamare propri precedenti arresti, ha invero affermato che l'inadempimento degli obblighi gravanti sull'intermediario ben può giustificare, tanto la risoluzione del contratto quadro, quanto quella dei singoli ordini, ovviamente nella misura in cui, per la sua importanza, si riveli idoneo a determinare un'alterazione dell'equilibrio contrattuale. Ricorrendone i presupposti, l'investitore, nella sua veste di contraente non inadempiente, può cioè indirizzare l'azione, a seconda del suo interesse, nel senso della caducazione dell'intero rapporto con l'intermediario o nel senso invece della sola caducazione di talune parti dello stesso. Ciò in quanto, chiarisce la Corte, qualora il contraente inadempiente (nella specie, l'intermediario) potesse opporre a quello non inadempiente (l'investitore) la ‘necessità’ della risoluzione totale, verrebbe illegittimamente a spostarsi la facoltà di scelta, di cui all'art. 1453 cod. civ., dalla parte adempiente a quella inadempiente o ad alterarsi la stessa portata della disposizione normativa. In altri termini, condizionare la caducazione dei singoli ordini alla caducazione dell'intero rapporto (altrimenti detto, al contratto quadro) implica far perdere al contraente non inadempiente, qual è – nel caso di specie - l'investitore, le utilità che pur il rapporto gli ha arrecato, per transitarle a vantaggio del contraente inadempiente (l'intermediario). Con la pronuncia in esame, la Corte ha altresì precisato come i singoli ordini di investimento, concretamente verificatisi, si pongano all'interno della struttura fissata dal contratto quadro, nell'alveo tracciato dallo stesso. Il che vale a escludere in radice la possibilità di racchiudere la fase logica (ben più che cronologica), che va dalla stipulazione del contratto quadro all'emissione dei singoli ordini, nell'ambito dell'agire precontrattuale (e della conseguente responsabilità); sì che l'assolvimento degli obblighi di informazione attiva e di adeguatezza costituisce proprio il ponte di passaggio tra la funzione di investimento, come resa dal contratto quadro, e i singoli investimenti, come inevitabilmente espressi dai singoli ordini: in questa «cinghia di trasmissione» consistendo propriamente la protezione sostanziale che il sistema vigente viene ad assicurare all'investitore.
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