La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha respinto il ricorso della Polonia diretto ad ottenere l’annullamento parziale dell’articolo 17 della Direttiva Copyright relativo al regime di responsabilità dei fornitori di servizi di condivisione di contenuti online. Tale regime può infatti ritenersi corredato da adeguate garanzie atte ad assicurare il rispetto del diritto alla libertà di espressione e di informazione degli utenti che intendano immettere i propri contenuti sul web.
Con sentenza C-401/19, datata 26 aprile 2022, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha respinto il ricorso per annullamento ex art. 263 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (“TFUE”), presentato dalla Repubblica di Polonia avverso l’art. 17, par. 4, lett. b) e c) della Direttiva sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale (“Direttiva Copyright”).
Il ricorso per annullamento si presentava dunque in termini di ricorso c.d. parziale. I Giudici di Lussemburgo hanno però affrontato la richiesta in termini di annullamento integrale, in aderenza all’Opinione dell’Avvocato Generale Saugmandsgaard Øe, dal momento che il dettato normativo contenuto nelle sole lettere b) e c) del par. 4, art. 17 non avrebbe potuto essere considerato separatamente rispetto al resto della norma, a meno di alternarne interamente la portata.
L’articolo 17 della Direttiva Copyright
L’articolo 17, par. 1, della Direttiva Copyright introduce un regime di responsabilità in capo ai fornitori di servizi di condivisione online per l’ipotesi in cui questi abbiano contribuito alla comunicazione e/o messa a disposizione del pubblico di opere protette dal diritto d’autore, in assenza di apposita autorizzazione concessa dai titolari dei diritti. Essi sarebbero tenuti a sorvegliare attivamente i contenuti caricati dagli utenti al fine di prevenire la messa in rete di materiali protetti.
Infatti, la norma in esame, al suo par. 4, prevede l’estensione del regime di limitazione della responsabilità ex art. 14, par. 1, Direttiva e-commerce (Direttiva 2000/31/CE) nelle sole ipotesi in cui i fornitori di servizi di condivisione online abbiano a) compiuto i massimi sforzi per ottenere l’autorizzazione da parte del titolare dei diritti; b) compiuto i massimi sforzi, secondo elevati standard di diligenza professionale di settore, per assicurare che non siano disponibili opere e materiali per i quali abbiano ricevuto informazioni pertinenti dai titolari dei servizi; c) abbiano agito tempestivamente, dopo aver ricevuto una segnalazione sufficientemente motivata, per disabilitare l’accesso o rimuovere detti contenuti nonché abbiano compiuto i massimi sforzi per impedirne il caricamento futuro.
Il regime di responsabilità descritto è poi corredato da altre disposizioni specifiche contenute nei paragrafi successivi della norma in commento, tra queste: il ricorso ad eccezioni e limitazioni per contenuti generati dagli utenti tramite servizi di condivisione online, i.e. caricature, pastiche (par. 7); il principio del divieto di un obbligo di sorveglianza generale (par. 8); l’istituzione di un meccanismo celere di reclamo per gli utenti (par. 9); l’istituzione di procedure di cooperazione e best practices per garantire l’equilibrio tra i diritti fondamentali coinvolti (par. 10).
I profili di limitazione del diritto alla libertà di espressione e di informazione
Nel merito, la Repubblica di Polonia aveva dedotto un unico motivo di annullamento vertente sulla violazione del diritto alla libertà di espressione e di informazione garantita dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 10 CEDU) dal momento che, al fine di poter beneficiare del citato regime di limitazione della responsabilità, i fornitori di servizi di condivisione di contenuti online si sarebbero visti costretti ad adottare controlli preventivi e generalizzati, attraverso sistemi algoritmici di filtraggio e di riconoscimento automatico, su tutti i contenuti caricati (potenzialmente anche su quelli leciti) e prima ancora che questi potessero entrare in circolazione sul web. Di conseguenza, la norma si sarebbe posta anche in evidente contrasto con il canone di proporzionalità.
Il rispetto del principio di proporzionalità
In primo luogo, i Giudici di Lussemburgo hanno rilevato che la giustificazione della limitazione alla libertà di espressione e di informazione degli utenti e, dunque, la proporzionalità di quest’ultima rispetto all’obiettivo perseguito dell’art. 17 imporrebbe di adottare un approccio interpretativo ampio e che inquadri il complesso delle prescrizioni e dei principi contenuti all’interno dell’articolo 17.
D’altra parte, è pur vero che gli stessi Giudici hanno rilevato la vaghezza delle espressioni contenute nella norma in esame quali quelle dei “massimi sforzi” compiuti “secondo elevati standard di diligenza professionale di settore” (par. 73 e 74 della Sentenza in commento); ciononostante, la Corte ha evidenziato, da un lato, che tale genericità dovrebbe consentire un adattamento costante della legislazione in esame rispetto all’evoluzione della prassi di settore e delle tecnologie disponibili, dall’altro come la norma comunque individui specificamente i risultati da conseguire; in tal modo, essa dovrebbe sortire l’effetto di circoscrivere la nozione dei “massimi sforzi” richiedibili ai fornitori di servizi di condivisione online che pertanto dovranno direzionarsi al raggiungimento di detti risultati.
I sistemi di filtraggio automatico
In secondo luogo, e come anche sottolineato dall’Avvocato Generale Saugmandsgaard Øe nelle sue Conclusioni, il legislatore dell’Unione ha posto un limite chiaro e preciso alle misure che i fornitori di servizi di condivisione di contenuti online possano adottare nell’attuazione degli obblighi previsti dalla disposizione in esame, escludendo ogni sistema di filtraggio automatico che abbia l’effetto di intercettare contenuti leciti (Considerando 66 e 67). In altre parole, la stessa Direttiva Copyright ammetterebbe l’illiceità di un eventuale sistema di filtraggio che rischi di non distinguere adeguatamente tra un contenuto illecito ed un contenuto lecito. La Corte dunque conclude che anche la previsione sui sistemi di filtraggio automatici si pone a riprova del rispetto del principio di bilanciamento tra i diritti fondamentali della libertà di espressione e di informazione e della tutela della proprietà intellettuale.
Le garanzie procedurali
I Giudici di Lussemburgo hanno anche evidenziato come l’art. 17 introduca garanzie procedurali a tutela del diritto alla libertà di espressione e di informazione degli utenti, anche nelle ipotesi in cui i fornitori dei servizi di condivisione di contenuti online disabilitino per errore o senza alcun fondamento contenuti leciti.
Conclusioni
La Corte conclude ritenendo che l’obbligo per i fornitori di servizi di condivisione di contenuti online di controllare i contenuti che gli utenti intendono immettere sulle proprie piattaforme prima ancora della loro diffusione al pubblico - derivante dal regime specifico di responsabilità della Direttiva Copyright - è stato accompagnato da garanzie che risultano adeguate ad assicurare il rispetto del diritto alla libertà di espressione e di informazione degli utenti.
Tuttavia, i Giudici di Lussemburgo hanno anche posto enfasi sul corretto recepimento di dette disposizioni a livello nazionale, in sede di attuazione della Direttiva, nonché sull’obbligo per le Autorità e per i Giudici dei Paesi membri di interpretare il proprio diritto nazionale in conformità ai menzionati diritti fondamentali.
Avv. Maria Giorgia Mazzilli