In tema di servizi di investimento, l’intermediario finanziario è tenuto a fornire all’investitore informazioni adeguate al fine di soddisfare le specifiche esigenze del singolo rapporto con il cliente. Pertanto, l’intermediario potrà dare corso a un’operazione non adeguata, solo a seguito di un ordine impartito per iscritto dall’investitore. Lo ha stabilito la I Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 18121 del 31.8.2020.
Il caso sottoposto all’esame della Corte
Alcuni clienti convenivano in giudizio una banca innanzi al Tribunale, deducendo l’inadempimento dell'intermediario nell’esecuzione di un contratto di investimento mobiliare per violazione degli obblighi informativi gravanti sulla medesima.
Il Tribunale respingeva le domande attoree e la sentenza veniva confermata in secondo grado. In particolare, la Corte d’Appello aveva ritenuto infondato il gravame in quanto ogni operazione di acquisto era stata preceduta da un ordine scritto dei clienti.
Inoltre, la Corte aveva rilevato che, al momento degli acquisti, non sussisteva un particolare livello di rischio dei titoli di stato argentini e che, al contrario di quanto dedotto dagli appellanti, non sussisteva un obbligo della banca di fornire informazioni ulteriori rispetto a quelle contenute nel documento generale degli investimenti.
Ed ancora, la Corte aveva ravvisato che gli investitori avevano in precedenza acquistato titoli obbligazionari emessi da tre banche, di pari rischiosità rispetto ai titoli argentini oggetto di causa, e che, pertanto, l’investimento doveva considerarsi adeguato al profilo di rischio dei clienti della banca.
Gli investitori, ricorrenti in Cassazione, censuravano la sentenza della Corte d’Appello per violazione dell’art. 21 d.lgs. n. 58 del 1998 e dell’art. 28 Reg. Consob n. 11522 del 1998, in riferimento al mancato adempimento degli obblighi informativi gravanti sull’intermediario finanziario.
Gli obblighi informativi previsti per l’intermediario finanziario
In precedenza abbiamo già accennato agli obblighi informativi previsti dall’art. 21 del d.lgs. n. 58 del 1998 (Testo Unico della Finanza o c.d. “TUF”). Anche l’art. 28 del Regolamento Consob stabilisce alcuni obblighi informativi che l’intermediario ha nei confronti degli investitori.
In particolare, prima della prestazione dei servizi di investimento e dei servizi accessori collegati, gli intermediari devono chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento e la sua propensione al rischio.
Inoltre, gli intermediari devono fornire agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari. Essi, pertanto, non possono effettuare o consigliare operazioni senza prima aver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione, al fine di permettere scelte di investimento o disinvestimento consapevoli.
La decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha accolto il ricorso ed ha ritenuto errata la motivazione resa dalla Corte d’Appello, nella parte in cui affermava che la banca non avesse un obbligo informativo ulteriore rispetto a quello assolto con la consegna del documento generale sui rischi.
L’art. 28, comma 2, del Regolamento Consob, infatti, prescrive un obbligo informativo specifico a carico dell’intermediario finanziario che garantisca una “conoscenza concreta ed effettiva dello specifico titolo negoziato”.
La Cassazione ha, altresì, ritenuto integrante una violazione della predetta norma, l’indicazione fornita ai clienti in ordine alla rischiosità dei titoli parametrata al solo profilo del paese emittente, dovendo invece ricomprendere anche la “reale natura dell’investimento tramite le valutazioni offerte dalle maggiori agenzie di rating”, non rilevando la circostanza secondo cui i clienti avrebbero in precedenza investito in titoli rischiosi.
La Corte d’Appello, invero, ha solamente escluso che i titoli argentini, al momento della trasmissione degli ordini, avessero caratteri tali per cui la banca dovesse scoraggiare il cliente dall’investimento.
Sul punto, a sostegno della propria decisione, gli Ermellini hanno richiamato il principio di diritto, secondo cui, in tema di intermediazione nella vendita di strumenti finanziari, “gli obblighi di comportamento sanciti dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 e dalla normativa secondaria contenuta nel Reg. Consob n. 11522 del 1998, sorgono sia nella fase che precede la stipulazione del contratto quadro (…), sia dopo la sua conclusione (…). Gli obblighi così descritti, “finalizzati al rispetto della clausola generale che impone all’intermediario il dovere di comportarsi con diligenza, correttezza e professionalità nella cura dell’interesse del cliente, assumo rilevanza per effetto dei singoli ordini di investimento, che costituiscono negozi autonomi rispetto al contratto quadro originariamente stipulato dall’investitore”.
Per quanto riguarda, infine, il profilo degli obblighi dell’intermediario finanziario in relazione all’adeguatezza dell’investimento, la Corte ha richiamato un altro principio consolidato, affermando che “la banca intermediaria, prima di effettuare operazioni, ha l’obbligo di fornire all’investitore un’informazione adeguata in concreto, tale cioè da soddisfare le specifiche esigenze del singolo rapporto, in relazione alle caratteristiche personali e alla situazione finanziaria del cliente e, a fronte di un’operazione non adeguata, può darvi corso soltanto a seguito di un ordine impartito per iscritto dall’investitore in cui sia fatto specifico riferimento alle avvertenze ricevute”.
Secondo la Corte, il fatto di avere in precedenza acquistato altri titoli a rischio, non basta a far considerare un cliente “operatore qualificato” ai sensi della normativa Consob.