NFT e token fungibili: classificazione e tentativo di inquadramento giuridico

NFT e token fungibili: classificazione e tentativo di inquadramento giuridico
In considerazione del quasi generalizzato utilizzo della tecnologia “DLT” (Distributed ledger technology) e la conseguente notevole applicazione dei cd. token digitali - e  del più ampio fenomeno dei crypto assets - nei più svariati settori industriali (come l’arte, la musica e la finanza), risulta di primaria importanza, per tutti i soggetti che operano all’interno dell’ecosistema blockchain, fare chiarezza circa le differenti tipologie di token attualmente sviluppate ed utilizzate al fine anche di comprendere e, dunque, mettere in atto efficacemente il quadro normativo applicabile in materia.
Token fungibili e non fungibili

I Non fungible Token (“NFT”) sono delle tipologie di token digitali crittografici comunemente definiti come degli asset digitali unici, infungibili, non modificabili e certificati. ln particolare, l’NFT è da considerarsi quale unità di valore che rappresenta un bene digitale. Si tratta, invero, di un’informazione iscritta su una tecnologia blockchain, che consente la circolazione su rete telematica, generalmente senza intermediazione di soggetti terzi.

L’NFT, dunque, conferisce una titolarità o diritto di proprietà digitale sullo stesso al detentore delle relative chiavi private correlate al Token non fungibile.

Al fine di classificare correttamente un Token come non fungibile, è di fondamentale importanza valutare caso per caso le caratteristiche in concreto (ad esempio ove si tratti di ‘pezzi digitali’ singoli o in serie limitata caratterizzata comunque da vari ‘pezzi unici’ ed in relazione ai diritti collegati sulle opere sottostanti, etc.

Tra le caratteristiche principali di questi token, rientrano quindi l'unicità, la scarsità e l'indivisibilità, in quanto trasferibili e cedibili solo per intero.

Nella prassi si opera una netta distinzione tra token fungibili e token non fungibili: i primi interamente frazionabili ed interscambiabili, i secondi assolutamente indivisibili.

In generale un bene si può definire fungibile se: detiene un valore intrinseco definito e misurabile ed è sostituibile sul mercato con un bene con caratteristiche similari, al contrario dei beni non fungibili, che, come già accennato, sono asset unici, non sostituibili, non ripetibili e non divisibili.

Un criterio in base al quale si potrebbe valutare la fungibilità o meno del cd. Token, fa riferimento al contenuto dei tokens, che, in tal senso, assume una rilevanza centrale. Si fa dunque riferimento, ad esempio, alla creazione di NFTs che rappresentano e/o sono correlati a beni analogici o a beni digitali sottostanti, ovvero l’utilizzo di tokens quale modalità di certificazione e autenticazione di beni analogici, ovvero quale strumento per la gestione dei diritti ad essi inerenti.

In considerazione dell’analisi fatta nell’ultimo “Quaderno Giuridico” dalla Consob, da questo punto di vista si potrebbe affermare che, “tanto maggiore risulti la connessione tra il token e un sottostante asset fisico (analogico) o digitale – e ulteriormente in maniera crescente se questo sia poi a sua volta unico o quantitativamente limitato - tanto più potrebbe invocarsi e sostenersi la sua natura “infungibile”.

L’NFT non di identifica comunque con il bene giuridico ad esso sotteso, i cui diritti non sono difatti automaticamente riversati nel NFT stesso. Si avranno, pertanto, due beni distinti e separati: il bene sottostante (unico), l’NFT originale (unico), e le eventuali copie di NFT (in numero variabile predefinito). Tuttavia, acquistando un NFT non si ottiene la proprietà anche del bene in sé, ma si acquista un certificato (token) che ne garantisce l’autenticità e che consente al proprietario di esercitare determinati diritti.

Classificazione dei Token

E’ primariamente opportuno definire un primo inquadramento di come i token digitali vengano comunemente classificati, a livello pratico, e conseguentemente collocati in ambito giuridico. Nella prassi odierna, si fa riferimento ad una classificazione dei token, in considerazione del loro contenuto e della loro finalità. Si distinguono in tal senso, inter alia:

  1. I payment token o token di moneta elettronica: si intende un tipo di cripto-attività avente la finalità di essere utilizzato come mezzo di scambio. Si fa riferimento a token utilizzati come veri e propri mezzi di pagamento per l’acquisto di beni e servizi o per trasferire denaro e altri valori (in particolare, con riguardo a quest’ultima categoria si fa riferimento alla nozione di “stablecoins”).

Tornando alle definizioni che si possono rinvenire a livello di diritto positivo, in linea di massima i c.d. payment token sarebbero dunque assimilabili alle “valute virtuali” (definite dall’art. 1 co 2, lett. qq) del D.lgs. 231 / 2007, come modificato dal D.lgs. 125 / 2019).

Da non confondersi ovviamente con il concetto di “moneta elettronica”, riferito esclusivamente alla rappresentazione digitale (su base di gestione tuttavia centralizzata) delle monete c.d. FIAT (aventi corso legale nei vari Stati e/o Unioni monetarie).

  1. Gli utility token (detti “token di utilizzo” in senso lato in quanto rappresentativi di un’utilità): sono token destinati a fornire l'accesso digitale a un bene o a un servizio, disponibile mediante tecnologia DLT, e che è accettato solo dall'emittente di tale token. Tali utility token hanno finalità non finanziarie connesse al funzionamento di una piattaforma e servizi digitali e dovrebbero essere considerati un tipo specifico di cripto-attività. In linea di massima, essi potrebbero essere assimilabili, sotto il profilo civilistico, a titoli di credito.

Una sottocategoria di cripto-attività è costituita dai "token collegati ad attività" vale a dire token che mirano a mantenere un valore stabile ancorandosi a diverse monete aventi corso legale, a una o più merci, a una o più cripto-attività o a un paniere di tali attività. Gli emittenti di token collegati ad attività dovrebbero pertanto essere soggetti a requisiti più rigorosi rispetto agli emittenti di altre cripto-attività e disporre di solidi dispositivi di governance, con linee di responsabilità definite, e procedure efficaci per individuare, gestire, monitorare e segnalare i rischi ai quali potrebbero essere esposti.

  1. I security token (token di investimento in valori mobiliari): si tratta di token rappresentativi di azioni e/o obbligazioni. In quanto assimilabili a valori mobiliari e strumenti finanziari, ad essi risulterebbe applicabile il Testo Unico delle Finanze (D.Lgs. 24 Febbraio 1998 n. 58). I security token sono una nuova classe di cripto-asset che intende rappresentare l'equivalente dei titoli finanziari tradizionali (azioni e obbligazioni) nel mondo delle criptovalute. Potrebbero essere utilizzati anche per la vendita di quote societarie.

La suddetta classificazione nonché il correlato inquadramento giuridico non ha carattere “vincolante” o stringente: difatti, possono essere sviluppati anche dei token definiti “ibridi” in quanto riconducibili a più di una categoria, il che sul piano giuridico avrà la conseguenza di assoggettare tale emissione a differenti livelli di normativa.

Dal punto di vista normativo, come già accennato in un precedente articolo pubblicato, il Regolamento MiCAR certamente apporterà un importante contributo a ridurre l’incertezza normativa, garantire la tutela dei consumatori, l'integrità del mercato e la stabilità finanziaria. Tuttavia, ricordiamo che, pur costituendo un fondamentale passo in avanti, il MiCA non stabilisce regole operative dettagliate per  tutte le applicazione connesse alla cripto attività e alla finanza decentralizzata. Ad esempio, con riferimento all’ambito oggettivo sembrano essere stati esclusi dal MiCAR, allo stato attuale, i Token non fongibili o NFT, (come le opere della digital art). Dal punto di vista soggettivo, invece, il Regolamento non prende in considerazione alcuni degli operatori coinvolti nei sistemi cripto, come ad esempio i programmatori di smart contracts.

Avv. Gianmarco Rizzo

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