Lo smart working ai tempi del Coronavirus

Lo smart working ai tempi del Coronavirus
Il lavoro agile o, come comunemente viene definito, “smart working” con l'emergenza Covid-19 è diventato una necessità e una priorità per tutelare la salute delle persone, il lavoro e i servizi.

La pandemia da Coronavirus ha imposto alle aziende e alle Pubbliche amministrazioni la realizzazione di una profonda trasformazione, prediligendo e, talvolta, imponendo, il lavoro agile o smart working come ordinaria modalità di svolgimento della prestazione lavorativa.

Nel pubblico impiego, lo smart working costituisce, infatti, la modalità ordinaria di svolgimento dell’attività lavorativa dei dipendenti; l’art. 87, 1° co del d.lgs 18/20 stabilisce: “Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica  da COVID-2019, ovvero fino ad una data antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su  proposta  del  Ministro per la pubblica amministrazione, il  lavoro  agile  è  la  modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni  di  cui  all'articolo  1,  comma  2,   del   decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”. A sua volta l’art. 39 del d.l 18/20 attribuisce un diritto potestativo ai lavoratori che fruiscono dei benefici di cui all’art. 33 della legge 104/92. 

Provvedimenti cautelari in materia di smart working

Sulla scia delle ordinanze emesse in tema di riders (Tribunale di Firenze del 1 aprile 2020 e del Tribunale di Bologna del 14 aprile 2020), sono intervenute in tema di smart working le ordinanze del Tribunale di Grosseto e del Tribunale di Bologna entrambe del 23 aprile 2020.

Le pronunce, valorizzando l’emergenza epidemiologica in corso, hanno ammesso la possibilità per il lavoratore di utilizzare lo strumento cautelare per ottenere lo svolgimento di attività lavorativa in modalità agile, fornendo altresì alcune indicazioni sui rapporti tra il ricorso alle ferie e lo smart working.

Ordinanza del 23 aprile 2020 del Tribunale di Grosseto

Nel caso esaminato dal Tribunale di Grosseto il lavoratore, affetto da patologia polmonare che determinava anche una invalidità civile, chiedeva al datore di lavoro di poter usufruire dello smart working.

La società, che nel frattempo aveva consentito agli altri lavoratori del reparto lo svolgimento della prestazione di lavoro in modalità agile, rifiutava la richiesta, adducendo difficoltà di tipo organizzativo. Proponeva contestualmente al lavoratore, in caso di rifiuto di ritornare nella sede di lavoro, le seguenti alternative: o la sospensione del rapporto di lavoro e della obbligazione retributiva fino alla cessazione della lamentata incompatibilità oppure la fruizione delle ferie non ancora maturate.

Il Tribunale di Grosseto, dopo aver preliminarmente ritenuto ammissibile la domanda di condanna ad un obbligo di facere infungibile, accoglieva la richiesta del lavoratore volta ad ottenere lo svolgimento di attività lavorativa in modalità agile.

Si legge, in particolare: “la promozione del godimento delle ferie appare, del resto, una misura comunque subordinata – o quantomeno equiparata, non certo primaria – laddove vi siano le concrete possibilità di ricorrere al lavoro agile e il datore di lavoro vi abbia fatto ricorso”.

Ordinanza del 23 aprile 2020 del Tribunale di Bologna

Ad analoga conclusione giunge il Giudice nel caso esaminato dal Tribunale bolognese che ha valorizzato il rischio per la salute della lavoratrice (la lavoratrice era invalida al 60% ed aveva una figlia disabile) nel tragitto verso il luogo di lavoro, ha ordinato alla società “di voler procedere immediatamente … ad assegnare la ricorrente a modalità di lavoro agile, smart working, dotandola degli strumenti necessari o concordando l’uso di quelli personali.

Avv. Francesca Frezza

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