L’eccezione per copia privata nell’ambito del “cloud computing”

L’eccezione per copia privata nell’ambito del “cloud computing”

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è recentemente pronunciata sul tema della riconducibilità al regime di eccezione per copia privata - di cui all’art. 5, par. 2, lett. b) della Direttiva 2001/29/CE - della memorizzazione nel cloud, a fini privati, di una copia di un'opera protetta dal diritto d’autore. È stato altresì disposto che l’equo compenso per lo sfruttamento dell’opera non deve gravare necessariamente sul fornitore del servizio di memorizzazione nel cloud.

La controversia – sfociata, poi, in un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (in seguito, “CGUE”) – ha visto contrapposte, da un lato, una società di gestione collettiva di diritti d’autore, dall’altro, un fornitore di servizi di memorizzazione nel cloud (c.d. “cloud computing”).

In particolare, la società di gestione collettiva di diritti d'autore agiva in giudizio per veder riconosciuto un equo compenso (da corrispondere ai titolari dei diritti), da parte del fornitore di servizi cloud computing, in applicazione del regime di eccezione per copia privata, di cui all’articolo 5, par.2, lett. b) Direttiva 2001/29/CE.

In primo grado, la domanda veniva rigettata sul presupposto che il fornitore di servizi cloud computing non avrebbe ceduto supporti di registrazione ma, per l’appunto, meri servizi di memorizzazione online. Nel corso del giudizio d’appello, il Tribunale superiore di Vienna riconosceva la genericità e l’ampiezza della dizione “riproduzioni su qualsiasi supporto” -tipica del regime di eccezioni e limitazioni per copia privata di cui al citato articolo 5, par.2, lett. b) Direttiva 2001/29/CE – e, di conseguenza, sospendeva il giudizio, ponendo alla CGUE una serie di questioni pregiudiziali.

Una prima questione pregiudiziale riguardava la nozione di “riproduzione” e, in particolare, la sua riconducibilità alla realizzazione di copie di opere protette dal diritto d’autore all’interno di uno spazio di memorizzazione online. A tal proposito, la CGUE ha evidenziato che il caricamento di un’opera in uno spazio di memorizzazione nel cloud equivale a riprodurre detta opera e una siffatta interpretazione non può che considerarsi conforme all’esigenza di prevedere una definizione ampia degli atti di riproduzione, tale da assicurare un elevato livello di protezione del diritto autorale all’interno del mercato interno (esigenza peraltro rinvenibile nel Considerando 21 della Direttiva 2001/29/CE).

Con riferimento, poi, alla nozione “qualsiasi supporto” - e alla possibilità di considerare tale anche uno spazio di memorizzazione messo a disposizione da un fornitore di servizi cloud computing - la CGUE ha sottolineato che l’obiettivo della Direttiva è anche quello di armonizzare la normativa in materia di protezione autorale all’interno degli Stati Membri, adeguandola all’evoluzione della tecnologia. Alla luce di tali considerazioni, la CGUE è giunta a ritenere che la nozione “qualsiasi supporto” di cui all’art. art. 5, par. 2, lett. b) della Direttiva 2001/29/CE deve essere interpretata in senso ampio e tale da ricomprendere tutti i supporti su cui un materiale coperto da diritto d’autore può essere riprodotto, compresi server quali quelli utilizzati nell’ambito dei servizi di cloud computing.

Risolta la prima questione, la Corte ha affrontato il collegato tema dell’equo compenso, dovuto ai titolati dei diritti autorali, in caso di copia privata effettuata dall’utente attraverso un servizio di cloud computing offerto da una società terza.

In merito all’assoggettamento dei fornitori di servizi di memorizzazione nel cloud al pagamento dell’equo compenso, la CGUE ha evidenziato come tale assoggettamento rientri nel margine di discrezionalità riconosciuto agli Stati Membri. Generalmente, sarà onere del soggetto che effettua la copia privata (ovvero l'utente dei servizi di memorizzazione cloud computing) di finanziare tale compenso. D’altra parte, è pur vero che l’identificazione dell’utente finale, realizzatore della copia, non è agevole né immediata. Di conseguenza, gli Stati Membri potranno prevedere anche la possibilità di traslare tale onere in capo al produttore o all'importatore del server che offre il servizio di cloud computing, affinché ciò si ripercuota sull’ammontare del prezzo finale del servizio e, dunque, sull’utente privato che beneficia della copia realizzata.

Avv. Sara Maria Mucchietto

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