Eccessiva morbilità: si può licenziare?
Solo il superamento del periodo di comporto, in un'ottica di contemperare gli interessi confliggenti del datore di lavoro e del lavoratore, è condizione sufficiente a legittimare il recesso e, pertanto, non è necessaria, nel caso, la prova del giustificato motivo oggettivo, ne' della impossibilità sopravvenuta della prestazione lavorativa, ne' quella della correlativa impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni diverse.
La Corte di Cassazione con sentenza n. 31763 del 7 dicembre 2018 ha accolto il ricorso di legittimità della lavoratrice affermando che il disservizio derivante dalla malattia è considerato dal legislatore ai fini di giustificare il licenziamento solo dopo il superamento del periodo di comporto sulla base delle valutazioni effettuate dalla contrattazione collettiva. La Corte ha chiarito che l’eccessiva morbilità non può essere equiparata allo scarso rendimento che, viceversa, presuppone un inadempimento non ravvisabile in caso di malattia per il valore preminente che caratterizza la tutela della salute.
Il caso riguarda una lavoratrice di una azienda di trasporto urbano adibita a mansioni di autista che veniva licenziata a seguito di una verifica della frequenza delle sue malattie intervenute a ridosso di festività e valutate significativamente superiori alla media del personale e, pertanto, idonee a pregiudicare il corretto andamento dell’attività del sevizio in termini di qualità, efficienza e regolarità.
Il Tribunale di Roma in fase sommaria accertava l’illegittimità del licenziamento con ordinanza confermata in sede di opposizione. In sede di reclamo la Corte di Appello di Roma riformava la decisione ritenendo giustificato il licenziamento per il comprovato disservizio derivato dalle ripetute e continue assenze della lavoratrice. La Cassazione, nell’accogliere il ricorso, si pone, quindi, in dichiarato dissenso con alcuni precedenti, richiamati dalla Corte territoriale ma ritenuti superati a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite del 22 maggio 2018 n. 12568.
Avv. Francesca Frezza