Nel nostro ordinamento la sensibilità estetica è da sempre premiata, mirando il legislatore a scoraggiare i lavori privi di personalità che sono il frutto di altrui imitazioni.
Quando si parla di architettura, però, non sempre è agevole comprendere qual è il confine tra opera creativa e semplice progetto tecnico. La difficoltà sta proprio nel capire quando si possa ravvisare nell’opera un apporto creativo, seppur minimo, che consente la tutela autoriale. Per esempio, è possibile tutelare un progetto di trasformazione di destinazione d’uso di un immobile? La risposta affermativa trova la sua base giuridica nell’art. 1 l.d.a., interpretato alla luce della sentenza n. 25173/2011 della Corte di Cassazione.
Con sentenza n. 1674/2023 la Corte di Cassazione si è pronunciata, ancora una volta, sulla protezione delle opere architettoniche, anzi più precisamente, dei progetti architettonici.
Nel caso di specie un architetto conveniva in giudizio un collega per aver riprodotto un progetto edilizio da lui redatto per la trasformazione di un fabbricato adibito ad uso scolastico in una struttura alberghiera. Solo all’esito di tre gradi di giudizio l’attore è riuscito a ottenere la tutela del proprio progetto di trasformazione della destinazione d’uso dell’immobile, facendo così valere il principio sancito dall’art. 1 l.d.a., secondo cui affinché un’opera sia protetta dal diritto d’autore è sufficiente che questa sia dotata di carattere creativo.
Secondo un principio ormai consolidato, tanto in giurisprudenza quanto in dottrina, la creatività di cui all’art. 1 l.d.a. deve essere intesa come il “personale apporto creativo dell’autore” (ex multis Cass. n. 25173/2011). La creatività non è infatti costituita dall’idea in sé, quanto, piuttosto, dalla forma della sua espressione, sicché la medesima idea ben può essere alla base di diverse opere che si differenziano per la creatività soggettiva degli autori.
Per quale ragione tutelare le opere architettoniche sembra essere così complicato?
Le opere dell’architettura, come anche le fotografie e le opere del disegno industriale presentano delle peculiarità che rendono, per così dire, meno immediata la loro tutela rispetto alle altre opere elencate – esemplificativamente – all’articolo 2 della l. 633/1941.
In particolare, quanto alle fotografie, per essere considerate alla stregua di opere d’arte (suscettibili, dunque, di tutela per tutta la vita dell’autore e per 70 anni dopo la sua morte) devono rispondere a una serie di requisiti elaborati con gli anni dalla giurisprudenza (per esempio alle volte la creatività è stata ravvisata in un’originale inquadratura del soggetto fotografato, oppure in un gioco di luci-ombre particolarmente studiato, o nell’espressività del soggetto ritratto). Ciò che senz’altro emerge è l’intenzione dei giudici di interpretare più restrittivamente il requisito della creatività ex art. 1 l.d.a. al fine di poter distinguere le opere fotografiche dalle semplici fotografie (tutelate, queste ultime, per soli 20 anni dalla data della loro realizzazione).
Per le opere del disegno industriale, invece, è la legge che espressamente richiede il requisito del valore artistico in aggiunta a quello della creatività. Anche qui, il concetto di valore artistico non può che essere frutto di un’elaborazione giurisprudenziale, suscettibile di evolversi con il mutare della percezione dell'opera del design negli ambienti culturali ed istituzionali.
Infine arriviamo ai disegni e alle opere dell’architettura, comprese nell’elencazione di cui all’art. 2 l.d.a., proteggibili qualunque ne sia il modo o la forma di espressione, senza – apparentemente – alcuna richiesta di elemento aggiuntivo rispetto alla sola creatività.
La peculiarità delle opere di architettura
La particolarità delle opere architettoniche, tuttavia, è che queste ultime subiscono un’importante deroga al diritto morale d’autore (ovvero al diritto alla paternità dell’opera e, dunque, al diritto esclusivo, tra gli altri, di apportare modifiche alla stessa). Infatti, a mente dell’art. 20 c. 2 l.d.a. l’autore non può opporsi alle modificazioni che si rendessero necessarie nel corso della realizzazione (e a quelle successive).
Da quanto detto si evince che le opere dell’architettura proprio in vista di una finalità che esula – in un certo senso – dal mero carattere estetico (come del resto anche i disegni industriali) possono, alle volte, essere soggette a una nozione di creatività più rigorosa rispetto a quella sancita dal diritto vivente. Ne è concreta dimostrazione la pronuncia della Corte d’Appello (riformata poi dalla sentenza in commento) che ha ritenuto che un progetto architettonico consistente nella trasformazione della destinazione d’uso di un immobile non possa essere tutelato attesa l’impossibilità di ravvisarvi l’elemento creativo.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ravvisando un vizio di motivazione nella pronuncia impugnata ha ritenuto più corretto dare continuità a quell’orientamento giurisprudenziale (ex multis Cass. Civ. 25173/2011) che interpreta estensivamente la nozione di opera dell’ingegno, ravvisando così la sussistenza di una personale espressione creativa anche in un progetto di trasformazione di destinazione d’uso di un immobile.
Considerazioni
Dunque, benché la sentenza della Corte d’Appello sia stata poi riformata in Cassazione, si vuole con il presente commento sottolineare la maggiore difficoltà di tutelare questa tipologia di opere. Non dimentichiamo, a questo proposto, la recente pronuncia Kiko v. Wycon (Cass. 8433/2020) che ha fatto molto discutere in vista dell’inquadramento – secondo alcuni un po’ forzato – del Concept store nell’alveo delle opere architettoniche ex art. 2 l.d.a. In quell’occasione la difficoltà ulteriore stava nell’accordare tutela a un progetto d’insieme, comprensivo non solo dell’immobile in sé considerato, ma anche dei suoi elementi di arredo. Ebbene in quella circostanza la Corte è stata molto chiara statuendo che requisito fondamentale della tutelabilità ex art. 2 l.d.a. dell’opera architettonica è che “il progetto o l’arredamento di interni abbiano una chiara chiave stilistica, non dettata dall’esigenza di superare un problema tecnico.”
In ogni caso, tanto nella sentenza che ha visto come controparti le due società di prodotti cosmetici, quanto nella pronuncia in commento, la tutela della creatività ha avuto la meglio, scoraggiando le iniziative prive di personalità, come quella della Wycon che ha pedissequamente imitato il negozio della concorrente Kiko.