In un contesto caratterizzato da numerosi decreti di sospensione delle procedure esecutive, emerge la questione critica della legittimità processuale delle società di recupero crediti. La problematica si concentra sulla regolare iscrizione nel registro ex articolo 106 del Testo Unico Bancario (TUB), dando origine ad un profondo dibattito sulle implicazioni di tale requisito normativo.
L’articolo 106 del TUB e il controllo rigoroso nell’esercizio dell’attività finanziaria
Il perimetro di operatività dell’intermediario finanziario è precisamente delineato dall’art. 106 del Testo Unico Bancario (T.U.B). Secondo tale normativa, l’intermediario finanziario, disciplinato dall’art. 106 TUB, è autorizzato a esercitare almeno una delle seguenti attività finanziarie:
- concessione di finanziamenti al pubblico, la cui natura e circostanze di esercizio sono regolamentate con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze;
- riscossione dei crediti ceduti e prestazione di servizi di cassa e pagamento ai sensi dell'art. 2, commi 3, 6 e 6-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130, in materia di cartolarizzazione dei crediti (c.d. Servicing).
La disposizione in parola, applicabile anche nell’ambito del recupero di crediti ceduti e cartolarizzati in conformità alla legge n. 130/1999, si propone primariamente di salvaguardare i risparmiatori e il mercato mediante un rigoroso controllo sui soggetti autorizzati a esercitare attività di erogazione di prestiti. Il legislatore ha introdotto tale controllo con l’obiettivo di assicurare una sorveglianza equipollente tra gli istituti finanziari bancari e quelli non bancari, garantendo contemporaneamente una verifica continua della adeguata patrimonializzazione delle società finanziarie non bancarie.
L’obbligo di iscrizione all’Albo degli intermediari finanziari
Sempre più frequentemente, durante la fase di merito dei giudizi di opposizione, i debitori sollevano l’eccezione riguardante l’intervento illegittimo dei cosiddetti Servicer nella causa, in quanto non iscritti all’albo previsto dall’art. 106 T.U.B., ai sensi degli artt. 2 e 7 della L. n. 130/1999, che disciplina la cartolarizzazione dei crediti. La normativa in oggetto stabilisce che “L’esercizio nei confronti del pubblico dell’attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma è riservato agli intermediari finanziari autorizzati, iscritti in un apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia”. E ancora, che “Oltre alle attività di cui al comma 1 gli intermediari finanziari possono: a) emettere moneta elettronica e prestare servizi di pagamento a condizione che siano a ciò autorizzati […] e iscritti nel relativo albo […]; b) prestare servizi di investimento se autorizzati […]; c) esercitare le altre attività a loro eventualmente consentite dalla legge nonché attività connesse o strumentali, nel rispetto delle disposizioni dettate dalla Banca d’Italia”. Di conseguenza, secondo una lettura diretta della norma, risulta evidente che la mancata iscrizione del c.d. special servicer all’Albo degli intermediari finanziari, come richiesto dall’art. 106 T.U.B., è giuridicamente trascurabile, poiché tale iscrizione è prescritta per altri soggetti.
La gestione dei crediti cartolarizzati e il ruolo delle società iscritte all’albo ex art. 106 TUB
Nello specifico, la questione riguarda il caso in cui la cessionaria del credito conferisce l’incarico di special servicer a un diverso soggetto, investendolo del potere di agire quale ente incaricato della riscossione dei crediti ceduti. Il concetto di Servicing si concretizza nell’esercizio di riscossione dei crediti che, nell’ambito delle transazioni di cartolarizzazione, possono essere affidate da parte della società veicolo (SPV) a un soggetto terzo. Queste operazioni permettono l’acquisizione massiva di crediti pecuniari deteriorati appartenenti allo stesso soggetto, finanziata attraverso l’emissione di titoli in cui i suddetti crediti deteriorati sono incorporati. Sul punto è intervenuta Banca d’Italia, tramite comunicazione datata 11 novembre 2021, mediante la quale ha evidenziato l’esistenza di pratiche operative che distinguono tra un master servicer, al quale vengono assegnati i compiti di garanzia, e uno special servicer, responsabile del recupero dei crediti. In questa configurazione organizzativa, poiché solo i compiti assegnati al master servicer sono considerati “non delegabili” ai sensi della legge n. 130/1999, gli stessi sono obbligati all’iscrizione ex art. 106 T.U.B. Al contrario, lo special servicer ottiene esclusivamente la licenza richiesta dall’art. 115 del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) per svolgere la propria attività. Ciononostante, la giurisprudenza di merito non si è dimostrata uniforme, accogliendo in alcuni casi l’eccezione dei debitori riguardo l’intervento illegittimo in causa dei Servicer e respingendola in altri.
Osservazioni
La chiarezza normativa e una maggiore uniformità giurisprudenziale sono auspicabili per garantire la certezza del diritto nell’ambito dell’attività di Servicing, assicurando al contempo la tutela dei risparmiatori e la stabilità del mercato finanziario. Inoltre, la distinzione tra master servicer e special servicer, come delineata dalla Banca d’Italia, introduce ulteriori sfide interpretative nella gestione dei crediti cartolarizzati.