La Suprema Corte con una recente sentenza del 2 ottobre 2023 ha affermato che detto parametro mira a garantire al lavoratore una vita non solo non povera ma persino dignitosa, stabilendo che il trattamento economico non deve garantire esclusivamente i servizi essenziali per il sostentamento.
La vicenda
Alcuni lavoratori, dipendenti di un’azienda del settore della vigilanza non armata, adivano il Tribunale di Milano lamentando l’inadeguatezza della retribuzione lorda di € 930,00 percepita a fronte della prestazione lavorativa resa a tempo pieno.
Il Tribunale accoglieva la domanda ritenendo che gli importi netti percepiti erano inadeguati anche in relazione al reddito ritenuto soglia di povertà indicato dall’ISTAT.
La Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, nel rilevare che la retribuzione prevista dalla contrattazione collettiva gode di una presunzione relativa di congruità, respingeva la domanda sul presupposto che non era stata fornita una sufficiente prova della inadeguatezza.
La Corte distrettuale rigettava pertanto il ricorso sul presupposto che l’importo lordo percepito era superiore alla soglia di povertà di € 834,00 mensili
La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione con sentenza n. 27769 del 2 ottobre 2023, con una corposa sentenza, nel richiamare la direttiva UE sul salario minimo, ha annullato la decisione ricordando che il valore del salario adeguato e sufficiente costituisce un valore ex se che prescinde dalla comparata maggiore rappresentatività del soggetto sindacale che sottoscrive l’accordo collettivo.
La Suprema Corte ha pertanto evidenziato che l’intervento correttivo del Giudice può ricomprendere anche il salario della “categoria” di pertinenza sottoscritto da un soggetto collettivo qualificato atteso che nessuna tipologia contrattuale può ritenersi sottratta alla verifica giudiziale di conformità ai requisiti sostanziali stabiliti dalla Costituzione.
Nel richiamare i criteri che il giudice è tenuto a considerare, la Cassazione ha osservato che il valore della soglia di povertà, basato su un paniere di beni e servizi essenziali per il sostentamento vitale, non rileva in via esclusiva ai fini del giudizio di sufficienza della retribuzione in quanto detto parametro mira a garantire al lavoratore una vita non solo non povera ma persino dignitosa “orientando il trattamento economico non solo verso il soddisfacimento di meri bisogni essenziali ma verso qualcosa in più”.
L’operazione valutativa inoltre non può considerare – prosegue la Suprema Corte - né l’importo lordo, rispetto al quale la somma assoggettata a prelievo non è spendibile con l’importo della soglia di povertà né le somme versate a titolo di straordinario.
Avv. Nicoletta Di Lolli