“Il correntista non può pretendere dalla Banca il pagamento di un assegno circolare, girato per l’incasso, qualora risulti impagato a causa del fallimento dell’ordinatario. Ciò perché il trasferimento a favore del Cliente della proprietà delle somme portate dal titolo è sospensivamente condizionato dal “salvo incasso” di cui all’art. 1829 c.c.”. Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione nella Sentenza n. 27449 pubblicata il 20.9.2022.
Il Cliente di noto Istituto di Credito cita la Banca per ottenerne, previa declaratoria di responsabilità per avere illegittimamente stornato, dal c/c bancario intestato all'attrice, la somma di Lire 500.000.000, la condanna alla restituzione, in proprio favore, dell'importo corrispondente di Euro 258.228,45.
In particolare il deducente argomentava di avere effettuato sul proprio conto corrente, due versamenti mediante girata di n. 13 assegni circolari emessi da altro Istituto e che tale importo, accreditato sul c/c del ricorrente era stato successivamente stornato da quest'ultima, a seguito di comunicazione della banca emittente di avvenuto storno delle somme portate da quegli assegni a causa del fallimento dei loro ordinatari.
Il ricorrente lamentava dunque l’illegittimità dello storno operato dalla Banca convenuta in quanto la Banca emittente, in sede di presentazione dei titoli in stanza di compensazione, nulla aveva osservato in merito alla regolarità degli stessi assegni, sicché, per effetto della predetta avvenuta compensazione, le somme accreditate sul proprio conto corrente erano da ritenersi definitivamente acquisite e non più stornabili.
La Corte in proposito, nella sentenza in esame, assume definitivamente che la consegna dell'assegno circolare non equivale a pagamento, atteso che l'estinzione dell'obbligazione è subordinata al buon fine dell'assegno medesimo, senza trarne, tuttavia, le logiche conseguenze giuridiche, così falsamente applicando, alla fattispecie dell'effettuato storno dei titoli, la L. Fall., art. 44, in luogo dell'art. 1829 c.c., a tenore del quale, invece, nel caso di crediti verso terzi, inclusi nel conto, si presume la clausola "salvo incasso" o altrimenti detta “salvo buon fine” (ovvero con la conseguenza che, ove il credito non sia soddisfatto, è legittima l'eliminazione dell'accredito).