È inesistente la Delibera assembleare di società di capitali assunta con la sola partecipazione di soggetti privi della qualità di socio della stessa. Così si è pronunciata la Cassazione con sentenza n. 26199 dello scorso 27settembre.
Il caso in esame
La controversia aveva ad oggetto due delibere assembleari, di cui una afferente la nomina di un nuovo amministratore in capo ad uno dei convenuti in giudizio e la seconda riguardante lo scioglimento della stessa società con contestuale nomina, quale liquidatore, in capo al medesimo convenuto. Tali deliberate erano state adottate con la presenza di un'unica socia, asserita titolare del 99,50% del capitale sociale, la quale tuttavia non rivestiva tale qualifica poiché il suo dante causa aveva precedentemente alienato la predetta quota. In ragione di tale vizio relativo al procedimento di formazione della volontà assembleare , l'amministratore unico della società e un socio della stessa chiedevano al Giudice di prime cure di dichiarare l' inesistenzadelle suddette deliberazioni . Le domande così formulate venivano accolte dal Tribunale di Tempio Pausania. Tuttavia, in secondo grado, la Corte territoriale riformava la sentenza del Tribunale, respingendo quindi le domande accolte dal Tribunale e dichiarando le due delibere non inesistenti, bensì unicamente affette da annullabilità ai sensi dell'art . 2377 cc, il che comportava conseguentemente l' inammissibilità dell'impugnazione, essendo decorso per gli impugnanti il termine di decadenza di 90 giorni.Essendo però state rigettate le domande degli appellati, vittoriosi in primo grado, essi proponevano così ricorso in Cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, insistendo sul fatto che le due delibere non erano meramente annullabili, bensì inesistenti.
Inesistenza e annullabilità della delibera: disciplina ante e post riforma del 2003
I Giudici di legittimità hanno ritenuto necessario incentrare una riflessione circa la possibilità di continuare o meno a configurare il vizio dell'inesistenza della delibera assembleare, soprattutto a seguito della riforma del diritto societario del 2003. Secondo la disciplina anteriore alla riforma la regola generale era quella dell'annullamento ex art . 2377 cc, e della nullità ex art. 2379 cc, quest'ultima limitata ai soli casi di impossibilità ovvero illiceità dell'oggetto sociale. Alla figura dell'inesistenza giuridica , di matrice prettamente dottrinaria e giurisprudenziale, si faceva riferimento ogniqualvolta si configurava uno scostamento così marcato della realtà dal modello legale, che era impossibile ricondurre l'atto alla categoria stessa di deliberazione assembleare. La giurisprudenza ante riforma aveva affermato l'inesistenza nei casi di omessa convocazione di tutti o di alcuni soci, nell'ipotesi di svolgimento dell'assemblea in luogo diverso da quello indicato nell'avviso di convocazione, nell'ipotesi di deliberazione adottata da persone prive del diritto di voto ovvero nel caso di mancata verbalizzazione delle operazioni assembleari.Con la novella del 2003, nonostante il legislatore della riforma abbia scelto di non prevedere la figura dell'inesistenza per ricondurre i vizi delle delibere alle sole ipotesi di nullità ed annullabilità, riformulando in maniera più dettagliata gli artt. 2377 e 2379 cc, continuano in ogni caso a prospettarsi ipotesi, seppur residuali, di inesistenza. Dunque, in definitiva, sebbene un “ indebolimento ” della figura dell'inesistenza”, questa rimane pur sempre “viva e vitale”.
La conclusione della Corte
A parere della Corte, per accertare se una delibera assembleare sia o meno esistenti è sufficiente verificare che “almeno esteriormente essa appaia essere frutto della volontà della necessaria maggioranza del capitale sociale”. I giudici di legittimità si sono avvalsi della teoria secondo cui una delibera è inesistente allorquando “l'evento al quale si vorrebbe attribuire la qualifica di deliberazione assembleare si è realizzato con modalità tali da far si che la carenza di elementi o di fasi essenziali non permetta di scorgere in esso i lineamenti tipici dai quali una deliberazione siffatta dovrebbe essere connotata nella sua materialità ”;proprio come nel caso in esame, in cui la delibera era stata assunta da un soggetto privo della veste di socio , pertanto non legittimato a votare in assemblea, che tuttavia si professava come socio avente diritto al voto. Pertanto, la Corte di legittimità, avendo ritenuto di ricondurre la delibera assunta da soggetto non legittimato alla categoria dell'inesistenza e non dell'annullabilità, ha cassato la decisione della Corte territoriale.
Avv. Andrea Bernasconi e Avv. Edoardo Pollara