Condividere un meme offensivo: quali sono le conseguenze?

Condividere un meme offensivo: quali sono le conseguenze?
Il Consiglio di Stato ha confermato la decisione adottata dal T.A.R. Lombardia concernente la sanzione disciplinare afflitta a un professore dell’Università degli Studi di Milano per aver condiviso un “meme” offensivo su Facebook. Tuttavia, è stato precisato che la semplice pubblicazione del post sui social, senza alcuna considerazione o commento, non possa di per sé valere come approvazione del contenuto pubblicato.

Il caso. Nel novembre 2020 un professore ordinario di Storia delle Dottrine politiche presso l’università degli studi di Milano ha condiviso sul proprio profilo Facebook un “meme” raffigurante la Vice Presidente degli Stati Uniti d’America accompagnata dal testo “She will be an inspiration to young girls by showing that if you sleep with the right powerfully connected men then you too can play second fiddle to a man with dementia. It’s basically a Cinderella story”. L’università, venuta a conoscenza della diffusione di tale messaggio, ha ritenuto la condotta del docente lesiva del decoro e dell’immagine dell’ateneo e, per tale ragione, ha sanzionato il docente con la sospensione delle funzioni di professore universitario per un mese, con privazione della retribuzione e corresponsione di un assegno alimentare in misura non superiore alla metà dello stipendio. Avverso tale provvedimento il docente ha adito al T.A.R. della Lombardia che, tuttavia, ha respinto il ricorso ritenendo infondate tutte le censure in esso contenute. Infatti, dalla ricostruzione proposta dal T.A.R. emerge come la condivisione da parte di un docente di un “meme” offensivo senza prese di distanza dallo stesso equivale ad approvazione del contenuto del post.

Contro tale decisione il professore ha adito il T.A.R. e il Consiglio di Stato affermando come il T.A.R. avrebbe totalmente frainteso il significato della condivisione. Dinnanzi al Consiglio di Stato il docente sottolinea nuovamente come l’intento sotteso alla condivisione di un simile contenuto fosse trasmettere un messaggio di critica e di ammonimento nei confronti delle donne in relazione alla condotta tenuta dalla Vice Presidente Harris. Non solo. Secondo la ricostruzione proposta dal docente non si potrebbe qualificare il “post” quale “sessista” in quanto non alluderebbe in alcun modo all’inferiore capacità del genere femminile o a una condotta costante in tutte le donne che intendono fare carriera politica.

Nonostante il Consiglio di Stato abbia confermato la decisione adottata dal T.A.R., emerge una differente interpretazione riguardo alla rilevanza della condivisione di un post offensivo. In linea con l’orientamento consolidato dalla giurisprudenza penale (Cass. pen., Sez. I, 9 febbraio 2022, n. 4534; Sez. V, 23 luglio 2020, n. 22066), il Consiglio di Stato sottolinea che la semplice “condivisione” di un post non può essere automaticamente interpretata come un’adesione del soggetto al contenuto veicolato. Tale comportamento passivo, infatti, non configura gli estremi dei c.d. reati d’odio. Al contrario, l’apposizione di un “like” è considerata una manifestazione esplicita di apprezzamento nei confronti del messaggio e, di conseguenza, potenzialmente punibile.

Infatti, la natura dei social media e le modalità di funzionamento portano ad escludere la possibilità di assimilare la diffusione di contenuti attraverso tale strumento alle forme tradizionali di comunicazione tra privati. Secondo il Consiglio di Stato non si può affermare che la condivisione del “meme” equivalga ad approvarne il contenuto in assenza di sufficienti elementi di prova in tal senso. In ogni caso, al pari di quanto affermato dal T.A.R., viene ribadito un dovere di diligenza generale in capo al professore, così come in capo a ogni soggetto, circa il controllo da operare sul contenuto del messaggio per ovviare alla diffusione di contenuti ingiuriosi, diffamatori o lesivi dei diritti di terzi.

Pertanto, se nel caso in esame non si può sostenere, come affermato nella sentenza di primo grado, che il docente abbia “condiviso” il “meme” nel senso di approvarne il contenuto e farlo proprio, in assenza di sufficienti elementi probatori in tal senso, si deve comunque rilevare che il professore ha mancato a un dovere di diligenza al quale era certamente tenuto.

Avv. Marta Cogode e Dott.ssa Alice Dal Bello

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