Avv. Vincenzo Colarocco
La Suprema Corte di Cassazione con sentenza del 4 maggio 2018, depositata il 15 ottobre 2018, si è pronunciata sul trattamento dei dati biometrici dei dipendenti, attraverso un badge per rilevare la presenza.
La vicenda prende le mosse nel 2015, a seguito della sanzione inflitta del Garante Privacy nei confronti di una società specializzata nel settore dei servizi di igiene ambientale e raccolta differenziata ed indifferenziata, di un sistema di raccolta dei dati biometrici della mano per la rilevazione delle presenze dei dipendenti.
Proposta l’opposizione, il Tribunale di Catania la accoglieva, ritenendo che le apparecchiature utilizzate dalla società “non prelevino e non trattino i dati biometrici […] e che il dato biometrico è utilizzato come individualizzante, ma non come identificante”.
A seguito del ricorso del Garante, la Suprema Corte ha ribaltato l’interpretazione del giudice di merito precisando che ai fini della configurabilità del trattamento di dati personali, la mancata registrazione degli stessi in apposita banca dati è irrilevante, essendo sufficiente “una mera attività di raccolta ed elaborazione”. Orbene, ciò che rileva al predetto fine è che “il sistema, attraverso la conservazione dell’algoritmo, è in grado di risalire al lavoratore, al quale appartiene il dato biometrico, e quindi indirettamente lo identifica”. E questo non si poteva fare senza la preventiva notifica al Garante -conclude la Suprema Corte- neppure per uno scopo legittimo come quello di ‘controllo delle presenze’.
Evidente appare la diretta correlazione della statuizione della Corte con i principi espressi dal Regolamento UE 2016/679, tenendo conto che l’istituto della notifica preliminare oggi non trova più applicazione essendo stata introdotta peraltro la valutazione d’impatto.
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