Cassazione: indagini difensive delegabili a collaboratori previa indicazione dei nominativi

Cassazione: indagini difensive delegabili a collaboratori previa indicazione dei nominativi
La mancata indicazione nel contratto di servizi investigativi dei nominativi dei collaboratori determina una violazione del codice deontologico che si riverbera sulla validità degli accertamenti effettuati.

Un lavoratore di una azienda telefonica veniva licenziato a seguito di un pedinamento disposto dalla società datrice di lavoro che aveva affidato un servizio di pedinamento ad un investigatore privato che, a sua volta, si era avvalso per l’esecuzione del lavoro di alcuni collaboratori esterni alla propria stuttura.

All’esito del pedinamento era emerso che il lavoratore svolgeva la propria attività all’esterno dell’azienda e attestava costantemente orari di lavoro non corretti.

Il Tribunale accoglieva il ricorso del dipendente sia nella fase sommaria che in sede di opposizione, mentre la Corte di Appello di Milano riformava integralmente la decisione ritenendo la validità del controllo effettuato dai terzi incaricati.

La Corte di Cassazione con sentenza n. 28378 dell’11 settembre 2023, a conclusione di un’ampia analisi dell’assetto normativo, concludeva sull’inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite anche nel processo civile, specialmente prima della riforma e, conseguentemente, ha accolto il ricorso sul presupposto che la mancata indicazione nel contratto di servizi investigativi dei collaboratori impiegati determina una violazione del codice deontologico, che si riverbera necessariamente sulla validità degli accertamenti.

La violazione di tale regola deontologica – alla quale va riconosciuta valenza normativa e che può pertanto essere individuata e applicata dal giudice anche d’ufficio – comporta, osserva la Cassazione, l’inutilizzabilità dei dati raccolti nel corso dei pedinamenti, stante il disposto dell’art. 11, co. 2, d.lgs. 169/03, che, nella formulazione vigente all’epoca dei fatti, prevedeva che “i dati personali trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali non possono essere utilizzati”.

Il divieto determina una inutilizzabilità assoluta, vincolante anche per il giudice che pertanto deve prescindere dall’accertamento effettuato ai fini della verifica del fatto contestato.

Avv. Nicoletta Di Lolli

Newsletter

Iscriviti per ricevere i nostri aggiornamenti

* campi obbligatori