Con comunicato stampa del 19 gennaio scorso l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha reso noto di avere approvato – con il voto contrario della Commissaria Giomi – il Regolamento in materia di determinazione dell’equo compenso per l’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico di cui all’articolo 43-bis della Legge 22 aprile 1941, n. 633 (“LDA”). Nell’ottica di favorire gli accordi tra editori e prestatori di servizi della società dell’informazione, ivi incluse le imprese di media monitoring e rassegne stampa, l’AGCOM ha, dunque, approvato un modello e dei criteri per la determinazione tra le parti dell’equo compenso, come sintesi di interessi di natura pubblicistica e di natura privatistica.
Ratio e contenuto dell’art. 43-bis LDA
Prima però di entrare nel cuore di quanto illustrato dall’AGCOM, facciamo un passo indietro.
Il Legislatore italiano ha, infatti, introdotto l’art. 43-bis in attuazione della Direttiva Copyright (Dir. UE 2019/790), allo scopo di armonizzare la normativa europea sul diritto d’autore, così riconoscendo agli editori di pubblicazioni di carattere giornalistico i diritti di riproduzione e di comunicazione per l’utilizzo online delle pubblicazioni medesime, sulla scorta dell’art. 15 della Direttiva.
In tal modo il Legislatore italiano ha positivizzato l’utilizzo online di tali pubblicazioni da parte dei prestatori di servizi della società dell’informazione – ivi comprese le imprese di media monitoring e rassegne stampa – riconoscendo agli editori il diritto di vedersi corrisposto dai secondi – e salvo che non si tratti di collegamenti ipertestuali, utilizzo di singole parole o estratti molto brevi (art. 43-bis, comma 6, LDA) – un equo compenso per l’utilizzo online delle proprie pubblicazioni; ciò con il fine preciso di colmare il cd. value gap, ossia il divario fra i ricavi dei prestatori di servizi e degli editori.
Con l’idea peraltro di privilegiare le trattative private tra le parti al fine della determinazione dell’ammontare dell’equo compenso – salvo eventuale successivo affidamento all’AGCOM o all’Autorità Giudiziaria, in caso di mancato accordo privato – il Legislatore italiano ha scelto di delineare alcuni parametri di quantificazione dello stesso e al contempo di rimettere all’AGCOM il compito di adottare un regolamento per l’individuazione dei criteri di riferimento cui riferirsi in fase di trattative (art. 43-bis, comma 8, LDA).
Base e criteri di calcolo dell’equo compenso
Dopo apposita consultazione pubblica sullo schema di regolamento, nei giorni scorsi l’AGCOM ha, dunque, comunicato di averne approvato il testo definitivo, individuando una base di calcolo dell’equo compenso e criteri utili per favorire la negoziazione dei relativi accordi di determinazione.
Dunque, come si apprende dal comunicato, “Il regolamento individua come base di calcolo (ndr. dell’equo compenso) ʺi ricavi pubblicitari del prestatore derivanti dall’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico dell’editore, al netto dei ricavi dell’editore attribuibili al traffico di reindirizzamento generato sul proprio sito web dalle pubblicazioni di carattere giornalistico utilizzate online dal prestatore”” (ndr. enfasi aggiunta). Su tale base potrà essere pertanto individuato l’equo compenso in una misura compresa fino al 70%, utilizzando i seguenti criteri, in parte già previsti nell’art. 43-bis e opportunamente specificati dall’Autorità, e altri di nuova introduzione, comunque tutti da applicare cumulativamente e in un ordine di rilevanza decrescente:
“a) numero di consultazioni online delle pubblicazioni (da calcolare con le pertinenti metriche di riferimento);
- b) rilevanza dell’editore sul mercato (audience online);
- c) numero di giornalisti, inquadrati ai sensi di contratti collettivi nazionali di categoria;
- d) costi comprovati sostenuti dall’editore per investimenti tecnologici e infrastrutturali destinati alla realizzazione delle pubblicazioni di carattere giornalistico diffuse online;
- e) costi comprovati sostenuti dal prestatore per investimenti tecnologici e infrastrutturali dedicati esclusivamente alla riproduzione e comunicazione delle pubblicazioni di carattere giornalistico diffuse online;
- f) adesione e conformità, dell’editore e del prestatore, a codici di autoregolamentazione (ivi inclusi i codici deontologici dei giornalisti) e a standard internazionali in materia di qualità dell’informazione e di fact-checking;
- g) anni di attività dell’editore in relazione alla storicità della testata” (ndr. enfasi aggiunta).
Tale impostazione – riprendendo le considerazioni dell’AGCOM – ha come scopo quello di agevolare le trattative negoziali tra le parti, individuando uno schema flessibile che si possa adattare alle diverse caratteristiche delle parti e alle rispettive esigenze, equilibrando interessi sia di natura pubblicistica, tra cui la libertà di espressione, l’esigenza di un’informazione pluralista e il mantenimento di elevati standard nell’innovazione, sia di natura privatistica.
Non dissimile, sebbene modulato con specifiche ad hoc, appare peraltro lo schema di determinazione dell’equo compenso riconosciuto agli editori da parte delle imprese di media monitoring e rassegne stampa. In tale contesto, infatti, la base di calcolo si incardina, come evidenziato dal comunicato, sul “fatturato rilevante delle imprese derivante dalle attività comunque connesse a quelle di media monitoring e rassegne stampa”, senza tuttavia individuare un’aliquota per la determinazione dell’equo compenso, ma tenendo in conto quelle applicate dalle consolidate prassi di mercato.
Considerazioni conclusive
AGCOM sembra avere tracciato una prima strada per la determinazione dell’equo compenso; se, da un lato, certamente essa potrà fornire a editori e prestatori di servizi una linea maestra per indirizzare la negoziazione dei relativi accordi, dall’altro, è possibile che sul percorso non mancherà di incontrare nuovi temi oggetto di ulteriori riflessioni.
Avv. Francesca Folla e Avv. Caterina Bo